Cosa sappiamo finora su “Gli Anelli del Potere”
Una delle poche cose certe su Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere, la serie tv tratta dai libri fantasy di J.R.R. Tolkien che uscirà su Prime Video il 2 settembre, è che si tratta del progetto televisivo più rischioso mai prodotto finora. Per realizzarlo, Amazon ha investito cifre che nessun’altra produzione seriale, nemmeno Il Trono di Spade, aveva mai raggiunto prima (si parla di mezzo miliardo di dollari solo per la prima stagione). Ma soprattutto, l’azienda si è presa la responsabilità di maneggiare una delle opere letterarie più imponenti, lette e apprezzate di sempre, esponendosi anche al confronto con la famosa trilogia cinematografica diretta da Peter Jackson.
Nei cinque tortuosi anni che ci sono voluti per produrla, Amazon ha sempre mantenuto un livello di segretezza pressoché maniacale su Gli Anelli del Potere. Preservare la curiosità del pubblico fino al momento del debutto è secondo l’azienda un elemento cruciale per non guastare il potenziale successo della serie. Per questo motivo non c’è nessuno, o quasi, che ne conosca i dettagli. Le sole informazioni da cui si può delineare una prima idea della serie sono racchiuse in un breve teaser presentato a metà febbraio durante la finale del Super Bowl, una manciata di foto di paesaggi e personaggi, e un articolo esclusivo pubblicato dall’edizione americana di Vanity Fair, l’unica testata a cui sia stato concesso di vedere un’anteprima dei primi tre episodi. (Qui, per chi vuole, c’è l’articolo tradotto da Vanity Fair Italia).
Da dove viene Gli Anelli del Potere
Gli Anelli del Potere non si basa su un libro specifico di Tolkien, bensì perlopiù su alcuni appunti, raccolti sotto il titolo di Silmarillion, che l’autore britannico utilizzò per costruire il contesto e le storie che fanno da sfondo alla trilogia del Signore degli Anelli.
Dopo il successo di Lo Hobbit, una fiaba per bambini pubblicata nel 1937, Tolkien iniziò a scrivere un corposo volume che raccontava la storia del suo mondo narrativo, un continente chiamato Terra di Mezzo. Tuttavia, gli editori si rifiutarono di pubblicarlo. L’autore decise allora di usarne il contenuto per creare il mondo in cui si sarebbero svolti gli eventi del Signore degli Anelli: una storia di avventura in cui personaggi appartenenti a popolazioni di specie diversa mettevano da parte le proprie divergenze per distruggere una volta per tutte un antico pericolo rappresentato da un potente Anello. Il viaggio dei protagonisti, chiamati la Compagnia dell’Anello, attraversava terre desolate, addentrandosi tra le rovine di paesaggi segnati dalle battaglie tra le cività precedenti.
Con la pubblicazione nel 1954 dei primi due libri della trilogia, La compagnia dell’Anello e Le due Torri, il mondo descritto da Tolkien interessò parecchi lettori, che chiesero all’autore di approfondirlo in un’opera dedicata. «Gran parte delle persone vuole mappe aggiuntive (e migliori). I musicisti vogliono melodie e annotazioni musicali. Gli archeologi chiedono informazioni su ceramiche, metallurgia, attrezzi e architettura… Gli storici vogliono più dettagli sulla struttura politica e sociale. Per soddisfarli tutti, ci vorrebbe un libro lungo almeno quanto il primo volume» scrisse Tolkien a un amico nel 1956. In alternativa, l’autore decise di riprendere le bozze del Silmarillon e condensarle in 150 pagine che allegò ai romanzi della trilogia.
Questa sezione aggiuntiva, formata da sei parti conosciute come Appendici, conteneva linee temporali, genealogie e note sulla lingua e la cultura del mondo inventato da Tolkien, coprendo un arco narrativo di circa mille anni. Per scriverla, Tolkien interruppe perfino la pubblicazione del libro finale della trilogia, Il ritorno del re. L’autore era infatti convinto che le Appendici avrebbero avuto «un ruolo fondamentale nel produrre il senso avvincente di realtà storica» dell’intera opera.
Chi c’è dietro il progetto
Nel 2017 il Tolkien Estate, l’ente legale che possiede e gestisce la proprietà intellettuale dello scrittore, mise in vendita i diritti delle Appendici. Il prezzo di partenza dell’asta fu fissato a 200 milioni dollari (quasi 180 milioni di euro). Un prezzo sbalorditivo che, ha scritto Vanity Fair «sarebbe stato un fallimento in partenza, se non fosse stato per l’ossessione dell’industria televisiva di trovare la prossima Il Trono di Spade».
Dopo una serrata contesa con la rete via cavo HBO (la stessa del Trono di Spade) e Netflix, Amazon riuscì ad accaparrarsi i diritti con un’offerta da 250 milioni di dollari. Il suo fondatore, Jeff Bezos, era infatti fortemente interessato a produrre la serie per diversi motivi. Innanzitutto, «Tolkien è una specie di ossessione per Jeff Bezos», ha spiegato Vanity Fair. Inoltre Bezos è fermamente intenzionato a dimostrare in maniera definitiva la capacità di Amazon di produrre serie tv di grande prestigio. Il suo obiettivo, insomma, è fare in modo che la piattaforma Prime Video si ritagli un posto di rilievo nel mercato dello streaming. E per farlo sta puntando su progetti importanti, possibilmente legati a opere già molto sconosciute, e che possano appassionare il pubblico per moltplici stagioni.
Il fatto che Bezos sia uno degli uomini più ricchi del mondo, ovviamente, ha permesso ad Amazon di acquisire in pochi anni i diritti di grandi opere culturali. Ci sono saghe fantasy come La Ruota del Tempo e Il Signore degli Anelli; ma ci sono anche altri di famosi successi letterari e cinematografici, come Reacher, Blade Runner e Uomini che odiano le donne. Non solo: le enormi possibilità finanziarie dell’azienda consentono a ciascuno di questi progetti di disporre di risorse produttive di rara portata, aumentandone la potenziale qualità. Ad esempio, si stima che l’intero budget degli Anelli del Potere supererà il miliardo di dollari, di cui 465 milioni stanziati solo per la prima stagione. Ossia, oltre sei volte il budget della prima stagione della Ruota del Tempo (80 milioni) e cinque volte il budget della stagione finale del Trono di Spade (90 milioni).
Chi sono i creatori
Dopo aver tentato di coinvolgere figure che avessero già avuto a che fare con progetti di simile importanza e complessità (il regista del Signore degli Anelli Peter Jackson prima, i creatori del Trono di Spade poi), Amazon decise curiosamente di affidare la realizzazione della serie a una coppia di showrunner poco conosciuta e piuttosto inesperta nella gestione di grandi produzioni. Nel curriculum di Patrick McKay e JD Payne, due ex compagni di liceo che lavoravano insieme da 13 anni, c’erano solo proposte di sceneggiatura mai prodotte e tanto lavoro di scrittura non riconosciuto per cinema e tv. Gli Anelli del Potere è il primo titolo ufficialmente attribuitogli che compare nei loro profili del noto database cinematografico e televisivo IMDB.
Al di là della loro inesperienza, però, McKay e Payne avevano una visione del progetto piuttosto in linea con quella di Amazon; inoltre godevano della “sponsorizzazione” di J. J. Abrams uno dei più prolifici e stimati registi e produttori di Hollywood (ha creato Lost, prodotto Westworld e diretto gli ultimi film di Star Wars, per intenderci), che aveva lavorato con loro a un film di Star Trek rimasto incompiuto.
La parte più difficile nel creare Gli Anelli del Potere, hanno detto McKay e Payne, è stata confrontarsi con le dimensioni enormi del progetto. In ogni fase produttiva, i due creatori si sono chiesti spesso se «mettere insieme il romanzo che Tolkien non ha mai scritto e farne una mega-serie evento» non fosse troppo ambizioso. «Ci siamo sentiti come Hobbit, come due persone molto piccole in un mondo molto grande, a cui era appena stato affidato qualcosa che significava moltissimo per tante persone diverse», ha spiegato Payne.
Attorno a loro, Amazon ha comunque costruito una squadra di grande esperienza: Bryan Cogman, co-produttore esecutivo del Trono di Spade, ha fatto da consulente; il regista spagnolo J. A. Bayona (Jurassic World: Fallen Kingdom) ha diretto i primi due episodi, di fatto impostando il tono dell’intera serie; il compositore Howard Shore ha curato le musiche, come già fatto per i film del Signore degli Anelli e Lo Hobbit. Infine, degli effetti speciali si occuperà Weta Digital, la società neozelandese di Peter Jackson che ha contribuito alla creazione di alcuni dei film più visti nella storia del cinema, dalla trilogia del Signore degli Anelli ad Avatar.
Di cosa parla
Gli Anelli del Potere sarà ambientata nella cosiddetta Seconda Era della Terra di Mezzo. Che, per spiegarla a chi non è pratico di opere di Tolkien, si colloca migliaia di anni prima degli eventi dei film del Signore degli Anelli (i quali si svolgono nella Terza Era) ed è un periodo di pace, dopo una lunga epoca di orrori e conflitti.
Questa serenità è tuttavia apparente. A mettere in moto l’intera trama (come suggerisce il titolo del primo episodio, Ombre dal passato) è infatti l’incombere di un pericolo che si lega alla storia precedente della Terra di Mezzo: il ritorno del malvagio Sauron. In maniera simile alla triologia, anche nella serie le diverse civiltà che popolano la Terra di Mezzo si alleeranno per contrastarlo. Gli episodi intrecceranno quindi le principali trame della Seconda Era, seguendo numerosi personaggi dislocati tra le varie ambientazioni del continente: i nani delle miniere situate tra le Montagne Nebbiose; l’alta politica del regno elfico di Lindon; e gli umani del regno di Númenor, una potente isola che ricorda Atlantide e di cui si racconterà la caduta.
Le tante linee narrative della serie ruoteranno attorno allo stesso evento scatenante da cui nacque la trilogia di Tolkien: la forgiatura dei cosiddetti Anelli del Potere. Per farla brevissima, si tratta di potenti oggetti magici che Sauron distribuì alle diverse civiltà, per poterle soggiogare attraverso un anello ancora più potente. Parliamo dell’Unico Anello, ossia l’oggetto che, nel Signore degli Anelli, i protagonisti si alleano per distruggere. Come ha spiegato McKay, «è la storia della creazione di tutti quei poteri, da dove vengono, e cosa fecero a ognuna di quelle razze. (Per chi volesse approfondirla meglio, Wired ha riassunto il tutto in questo articolo).
Tuttavia, se nelle Appendici dei libri questi eventi si sviluppavano in circa un millennio di storia, la serie ha ridotto di molto l’arco narrativo. Gli Anelli del Potere racconterà una storia lunga 22 anni, che sarà divisa in cinque stagioni per un totale di 50 ore di televisione. O almeno, questi sono i piani di partenza di Amazon e dei creatori, che a metà del 2022 inizieranno già a girare la seconda stagione, spostando il set dalla Nuova Zelanda alla Gran Bretagna.
Chi sono i personaggi
Gli Anelli del Potere vedrà avvicendarsi un misto di personaggi già esistenti nei libri di Tolkien e altri creati appositamente per la serie. E, come si può intuire dal numero di linee narrative, ce ne saranno parecchi da seguire. (Così tanti che, se si considera anche la segretezza del progetto, i media anglofoni non sono ancora riusciti ad avere un quadro completo del cast).
Tra i personaggi già conosciuti, uno dei principali sarà senz’altro Elrond (Robert Aramayo), il mezzelfo che nei film era interpretato da Hugo Weaving. Un ruolo di rilievo lo avrà anche Galadriel (Morfydd Clark), cioè l’elfa che nei film del Signore degli Anelli era interpretata da Cate Blanchett. I creatori l’hanno descritta come una guerriera «tanto arrabbiata e sfacciata, quanto intelligente»; e proprio lei sarà la prima ad avere il sentore che la minaccia di Sauron sia ancora in agguato. Il suo destino s’intreccerà a quello di un naufrago mortale di nome Halbrand (Charlie Vickers), un nuovo personaggio introdotto dalla serie. Mentre Halbrand sta fuggendo dal suo passato, spiegano le anticipazioni, Galadriel lotta per il suo futuro.
Tra gli altri personaggi inediti spicca poi Arondir (Ismael Cruz Córdova), un elfo che ha una relazione segreta con la guaritrice umana Bronwyn (Nazanin Boniadi). Il loro legame, secondo Vanity Fair, potrebbe «riflettere e invertire la relazione che nella trilogia cinematografica si creava tra l’umano Aragorn (Viggo Mortensen) e l’elfa Éowyn (Liv Tyler)».
Due delle linee narrative avranno inoltre come protagonisti due importanti personaggi degli scritti di Tolkien. Uno è il fabbro elfico Celebrimbor (Charles Edwards), che essendo abile nel maneggiare metalli e magia viene incaricato di forgiare gli Anelli del Potere. L’altro è il marinaio Isildur (Maxim Baldry), che viene mostrato molto tempo prima di diventare il guerriero che riesce a sottrarre l’Unico Anello a Sauron. Benché per motivi legali la serie non sia un prequel ufficiale dei film, Isildur è considerabile il personaggio che congiunge i due adattamenti. Perdendo infatti l’Anello, Isildur fa sì che venga ritrovato dall’hobbit Sméagol (che poi diventerà Gollum).
Perché non ci sono hobbit?
A proposito di hobbit, la specie protagonista del Signore degli Anelli non sarà presente nella serie. La loro assenza è una delle caratteristiche che più differenziano Gli Anelli del Potere dai film. I creatori hanno voluto restare coerenti con gli scritti di Tolkien, che introducono gli hobbit soltanto nella Terza Era senza specificarne la provenienza. Si dice infatti che, all’epoca della stesura del Silmarillion, lo scrittore non avesse ancora concepito questa specie di personaggi.
Tuttavia, negli Anelli del Potere ci sarà la specie antenata degli hobbit: i cosiddetti pelopiedi (o harfoot, nella versione inglese). Tolkien li descrisse come una tribù indigena dalla carnagione più scura, collocata perlopiù in zone montuose e storicamente amica della popolazione dei nani. Nella serie, tra gli altri, Lenny Henry interpreterà un pelopiede anziano; Megan Richards e Markella Kavenagh saranno invece due pelopiedi che «incontrano un uomo misterioso e perduto, la cui origine promette di essere uno dei misteri più intriganti della serie».
E perché ci sono personaggi neri?
La libertà narrativa che più di tutte è saltata all’occhio è la scelta della serie di comporre un insieme di personaggi parecchio inclusivo e multiculturale, benché Tolkien non vi faccia riferimento nei suoi scritti. Ad esempio, l’attore portoricano Ismael Cruz Córdova è la prima persona nera a interpretare un elfo – Arondir – nell’adattamento di un’opera di Tolkien. O ancora, l’attrice britannica di origini iraniane Sophia Nomvete ha ottenuto il ruolo della principessa nana Disa. Prima di lei, nessuna donna e nessun attore nero avevano mai interpretato un nano in una trasposizione del Signore degli Anelli.
Questa variazione ha suscitato alcune accese critiche nei confronti degli Anelli del Potere. Le quali, secondo Vanity Fair, non verrebbero tanto da lettori puristi di Tolkien, quanto da «troll» anonimi intenzionati a colpire la serie. «Era immaginabile che ci sarebbe stata una reazione», ha detto la studiosa esperta di Tolkien Mariana Rios Maldonado. «Ma la domanda è: chi sono queste persone che si sentono così minacciate o disgustate dall’idea che un elfo sia nero, latino o asiatico?».
Lindsey Weber, produttrice esecutiva della serie, ha spiegato che «ci sembrava semplicemente naturale che un adattamento dell’opera di Tolkien riflettesse l’aspetto reale del mondo. Tolkien è per tutti. Le sue storie parlano di razze immaginarie che si rendono utili quando lasciano l’isolamento delle loro culture e si uniscono».
Sarà come il Trono di Spade?
Gli Anelli del Potere non punta soltanto a una composizione inclusiva ed eterogenea dei personaggi, ma anche del suo pubblico. Per questo motivo, McKay e Payne hanno confermato che la serie si terrà ben lontana dai livelli di violenza e sesso del Trono di Spade.
Amazon sembrerebbe avere quindi tutta l’intenzione di restare fedele ai libri di Tolkien e ai film del Signore degli Anelli. Soprattutto dopo che, l’anno scorso, molti fan avevano firmato una petizione per chiedere di non inserire scene di nudo e sesso gratuito nella serie. Ad allarmarli era stata la notizia che i produttori avessero assunto alcuni intimacy coordinator e nella fase di casting si fossero assicurati che gli attori fossero disposti a girare scene di nudo.
L’obiettivo, ha detto McKay, «era di fare una serie per tutti, per bambini di 11, 12 e 13 anni, anche se ogni tanto si nasconderanno sotto le coperte per la paura. Abbiamo discusso del tono dei libri di Tolkien. Questo materiale è a volte spaventoso e altre volte molto intenso, politico, sofisticato, ma è anche commovente, rassicurante e ottimista. Parla di amicizia, di fratellanza e di emarginati che riescono a sopravvivere alle forze del male».
Ad ogni modo, non c’è dubbio che Gli Anelli del Potere sia un progetto televisivo fortemente basato sull’esempio del Trono di Spade. Amazon vuole creare una serie epica e dalla qualità pressoché impeccabile. Il suo intento è riuscire laddove tutte le altre produzioni fantasy, dopo la fine della serie HBO, hanno fallito: mantenere altissimi gli standard del genere e creare un legame duraturo con il pubblico.
Secondo Vanity Fair, che ha già visto i primi tre episodi, la serie è sulla strada giusta. Gli Anelli del potere, ha scritto la rivista, è «un sontuoso, avvincente mix di intrighi di palazzo, magia, guerra, e mitologia. E ci sono abbastanza misteri per alimentare un migliaio di podcast. Alcuni personaggi saranno familiari e saranno l’attrazione iniziale, mentre gli spettatori vedranno i loro destini leggendari srotolarsi. Ma i volti completamente nuovi potrebbero diventare anche più attraenti, poiché il loro destino deve ancora essere scritto».
Immagine di copertina: Courtesy of Amazon Studios