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“Criminal Record” è un thriller ordinario, ma i suoi detective no

Piccola postilla prima di iniziare: questa recensione si basa su tutti gli otto episodi di “Criminal Record”.

Cush Jumbo è June Lenker, una poliziotta londinese già piuttosto esperta, ma ancora ben ancorata alla dedizione degli inizi di carriera, quella che fa credere che svolgere bene il proprio mestiere possa sanare i vizi del mondo. Peter Capaldi è Daniel Hegarty, un collega che quel mestiere lo fa da ancora più anni, e ha ormai svuotato il suo bagaglio dai principi etici, per riempirlo con scaltrezze e ramificazioni d’origine criminale. Quando una chiamata anonima di una donna in pericolo riapre un caso di femminicidio vecchio di oltre un decennio, tutti e due si trovano a confrontarsi con la possibilità che a scontarne la pena sia l’uomo sbagliato. Ma in modo piuttosto diverso da quel che la premessa farebbe immaginare.

Criminal Record, il nuovo thiller britannico di Apple TV+, non appartiene infatti alla formula dei detective agli opposti che si sopportano poco ma imparano a fare un gran lavoro di squadra. I suoi, di detective, viaggiano su due binari separati, l’una contro l’altro: mentre lei recupera prove dal passato per rimettere a posto i tasselli della giustizia, lui le prende, le inquina, e ne segnala ai piani alti gli strappi alla regola, per far scattare provvedimenti disciplinari che la rallentino. Il motivo, ci fa sapere quasi subito la trama, è che Daniel è invischiato in una faccenda dalle implicazioni più ampie, e c’è qualcosa o qualcuno da proteggere, oltre alla propria reputazione.

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Al genere, Criminal Record non aggiunge nulla: di thriller così se ne sono già visti a manciate. Ma, probabilmente, distinguersi non le interessa nemmeno. Le sue attenzioni sembrano piuttosto rivolte alla cura del realismo, attraverso il quale raccontare un caos sociale molto attuale, dove la disparità radicata consente di raddrizzare il proprio destino solo se a frapporsi è la fortuna. Altrimenti si resta dalla parte dei quartieri ghettizzati, delle bande criminali, della violenza di genere più cruda, degli spendibili che diventano visibili alle istituzioni solo se occorre coprirne la corruzione.

Per ogni tema da esporre agli occhi del pubblico, la serie toglie diversi di calore. Al punto che, nella sua Londra inerte, scolorita, intrisa di squallore e senso di disordine, si fatica a individuare riferimenti familiari. La densità delle atmosfere intorpidisce a tratti anche l’azione: non sempre la scrittura di Paul Rutman (già sceneggiatore di Vera) riesce a mantenere il livello di coinvolgimento dei primi episodi. Giunti nel cuore della storia, l’impressione è che, delle tante pedine inserite, molte siano superflue, restando piuttosto sottosviluppate. I due protagonisti, però, hanno bravura e contraddizioni che ben sostengono il continuo inanellare di svolte che prosegue tenace fino all’ultimo minuto. E fino all’ultimo minuto fa chiedere se il Peter Capaldi sullo schermo sia davvero così cattivo.

“Criminal Record” è su Apple TV+ ed è composta da 8 episodi lunghi 44-54 minuti. I primi due episodi sono disponibili da subito, poi uno alla settimana.

Guarda il trailer

Immagine di copertina: Apple TV+

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