Guardo o passo? ‘Speravo de’ morì prima’
Per via di una tendenza all’agiografia molto diffusa sulla tv italiana, ogni volta che una fiction dice di voler raccontare la vita di un grande personaggio ci si aspetta un suo ritratto piuttosto drammatico e un po’ santificatore. Questa caratteristica Speravo de’ morì prima, la nuova serie Sky su Francesco Totti, non ce l’ha. Anzi, la vita privata e calcistica del calciatore della Roma viene raccontata con un’ironia abbastanza particolare, che potrebbe piacere a chi soffriva la grande mancanza di serie tv italiane comiche di qualità.
“Speravo de’ morì prima”: guardo o passo?
Piccola postilla prima di iniziare: questo articolo si basa sui primi 2 dei 6 episodi della serie
Le cose da sapere: La serie è tratta dal libro Un capitano, scritto dal giornalista sportivo Paolo Condò insieme a Francesco Totti. L’adattamento è stato curato da Stefano Bises (Gomorra, Il Miracolo), Michele Astori (La mafia uccide solo d’estate), Maurizio Careddu (Rocco Schiavone), mentre la regia è di Luca Ribuoli (La mafia uccide solo d’estate). Il ruolo di Totti è interpretato da Pietro Castellitto, quello della moglie Ilary Blasi da Greta Scarano, e ci sono anche Monica Guerritore e Giorgio Colangeli nel ruolo dei genitori di Totti. Infine Gianmarco Tognazzi interpreta l’allenatore Luciano Spalletti.
Dove vederla: Su Sky Atlantic HD (il venerdì alle 21.15) o su Sky Go e Now TV.
Quanto dura: circa 4 ore (6 episodi da 40 minuti)
Il titolo: Viene da uno striscione. Di preciso, quello che il 28 maggio del 2017 un gruppo di tifosi – il Gruppo Barilla – portò allo Stadio Olimpico di Roma, dove Totti avrebbe giocato contro il Genoa la sua ultima partita prima del ritiro. Inquadrato durante la messa in onda della partita, lo striscione ebbe un enorme successo mediatico. Eppure, inizialmente rischiò di passare inosservato. Il suo ideatore, Giovanni Lazzarini, disse in un’intervista al quotidiano il Romanista che il gruppo si ricordò di alzare lo striscione solo a partita finita, durante l’ultimo giro di campo di Totti. Prima era infatti troppo «affranto» per potersi ricordare di averlo portato con sé. In un primo momento, la serie avrebbe dovuto chiamarsi Un capitano, come il libro su cui si basa.
Il succo: È il racconto molto autoironico degli ultimi due anni di carriera calcistica di Francesco Totti. Cioè quelli per lui più difficili, segnati dal rapporto conflittuale con l’allenatore Luciano Spalletti e dalla paura di lasciare un percorso che per tutta la vita gli ha dato uno scopo e un’identità. Nel mezzo, poi, gli episodi ripercorrono l’intera carriera di Totti, inserendo ritagli di filmini casalinghi, spezzoni di partite vere e flashback ricostruiti. Si vedono quindi i suoi primi calci a un pallone, in spiaggia quando ancora camminava a malapena; le partitelle improvvisate sotto casa con gli altri bambini del quartiere; per poi accedere ai 27 anni trascorsi solo e soltanto alla Roma, di cui 19 da capitano. Infine c’è la vita privata: il rapporto viscerale con i genitori, quello di fiducia con gli amici di sempre, quello infantile con i figli e soprattutto con la moglie Ilary Blasi.
Serie simili: È piuttosto difficile trovarle. Per l’assurdità comica dei personaggi, che però risultano comunque molto reali, potrebbe ricordare Boris e Romolo+Giuly. Per il modo in cui racconta la storia, quasi simile a un falso documentario fatto a collage, potrebbe rimandare ad American Vandal e alla serie cilena El Presidente. La storia infine è la stessa raccontata da Mi chiamo Francesco Totti, il documentario di Alex Infascelli, che si basa sempre sul libro Un Capitano (lo trovate su Prime Video, se volete).

Com’è? Molto, molto meglio delle aspettative (almeno quelle di chi scrive), che avevano un po’ paura dell’effetto agiografico (l’effetto santino, cioè) tipico delle serie italiane dedicate alla vita di figure importanti. Speravo de’ morì prima invece racconta la storia di Francesco Totti usando gli strumenti che da sempre ne hanno caratterizzato il personaggio: le microespressioni facciali e l’autoironia.
Il primo strumento viene tutto dal lavoro eccellente di Pietro Castellitto. È assai raro che il protagonista di una serie sia anche il suo personaggio più taciturno, specie nelle commedie italiane. Questo silenzio Castellitto lo colma alternando pochi borbottii in romanesco e tanti lievi movimenti dei muscoli facciali: lo stupore delle iridi azzurre che scorrono verso la coda dell’occhio, la soddisfazione degli angoli della bocca tesi in un sorriso timido e poi capovolti verso il basso in segno di delusione. Il fisico, la statura, i lineamenti sono diversi, certo. Ma nell’interpretazione di Castellitto si riconosce benissimo il Totti che chiunque, anche chi il calcio non lo digerisce, ha impresso nella propria mente dopo trent’anni di interviste e ospitate in tv.
Il resto del lavoro lo fa l’autoironia, che non esclude l’autocritica e che in Speravo de’ morì prima non serve tanto a far ridere, quanto a filtrare la parte più profonda e drammatica della serie. La sua infatti è una storia di decadenza. O meglio, di paura della decadenza. Smettendo di giocare a calcio ed entrando in una nuova, fisiologica fase di vita, Totti ha il terrore di vedere frantumarsi la sua identità. Quella fatta da una partita dopo l’altra fin da piccolissimo, dall’aura di capitano leggendario, dal rapporto viscerale con i tifosi e con la sua città. E non è un caso che l’unico conflitto della serie riguardi la sola persona che conferma a Totti questo terrore: Luciano Spalletti. Da allenatore non più paterno (o fraterno), Spalletti diventa per Totti anche un po’ il pretesto su cui incanalare rabbia e frustrazione per la vicina fine oggettiva della sua carriera.
Non ci sono solo Totti e Spalletti, però. Tutt’intorno Speravo de’ morì prima colloca le tante figure coinvolte nella vita di Totti, compagni di squadra compresi. Le somiglianze si colgono, ma non sono cercate in maniera ossessiva dalla serie. Il punto è piuttosto cogliere il tratto più caratteristico della loro personalità e portarlo all’eccesso, creando delle caricature eccentriche e quasi surreali. Le situazioni sono quindi parecchio simili a quelle delle solite, vuote commedie italiane. Ma la differenza è che a colmarle stavolta c’è una scrittura abbastanza solida, che ancora i personaggi al reale e anche un po’ a noi. Il giornalista Gabriele Niola, su BadTaste.it, ha colto bene il punto. «Speravo de’ morì prima si fonda molto sugli attori,» ha scritto Niola, «ma a differenza delle peggiori [commedie] li aiuta con la scrittura, li sostiene e non gli chiede di far ridere da soli.»
In questo senso, per quanto ancora grezza, la serie potrebbe aprire finalmente nuove prospettive per le serie comiche italiane. Eccetto che per qualche sporadico tentativo di sperimentare (come quello di I Topi o La linea Verticale), dopo Boris si era creato un vuoto scoraggiante.
Cose per cui tapparsi gli occhi: Nessuna, a parte il sedere di Spalletti/Tognazzi nel mentre di una corsa nuda e liberatoria.
Chi tenere d’occhio: Fiorella ed Enzo Totti, cioè i genitori di Totti. Una iperprotettiva, l’altro ipersilenzioso, creano un contrasto che costituisce buona parte alla comicità della serie. Oltre alla tenerezza – trasmessa benissimo da Monica Guerritore e Giorgio Colangeli – del loro restare aggrappati alle proprie radici popolari, nonostante il successo del figlio. L’altro personaggio da seguire è poi Luciano Spalletti, non si sa se più per l’eccentricità della caricatura o per la bravura di Gianmarco Tognazzi.
La frase da segnarsi: «La fine. È una parola odiosa, schifosa. Si nasconde in tutte le cose.» [Francesco Totti – Pietro Castellitto]
Quindi? Speravo de’ morì prima è una serie particolare, a metà tra una commedia assurda e un falso documentario. Le situazioni sono molto simili a quelle della classica commedia italiana e le caricature dei personaggi anche. In più, però, c’è una scrittura solida che dà loro una profondità e un senso, non per forza positivo. A partire da Francesco Totti, che con un’autoironia silenziosa si celebra e si critica da sé. Se avevate paura dell’effetto santino o della comicità vuota, state tranquilli. Via libera.

"Speravo de' morì prima"
GUARDALA SE
- Ti piace il tragicomico
- Aspettavi una buona commedia italiana
- Apprezzi gli antieroi
PASSALA SE
- Non ami le autobiografie
- Sopporti poco le serie in romanesco
- Non ti è piaciuta "Boris”