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“Everybody Loves Diamonds” è un’altra occasione sprecata

Piccola postilla prima di iniziare: questa recensione si basa sui primi sei episodi di “Everybody Loves Diamonds”.

La ragione per cui ci si convince a vedere Everybody Loves Diamonds è che sembra pazza. Pazza (con affetto, s’intende) come il tale che l’ha ispirata, Leonardo Notarbartolo, un piccolo criminale siciliano che vent’anni fa mise a segno la rapina di diamanti più esosa del secolo in uno dei posti più blindati del mondo – il World Diamond Center di Anversa, in Belgio – per poi farsi beccare pochi giorni dopo, fregato da un attacco di panico (non suo) e da un panino al salame.

La storia di Notarbartolo è così straordinaria che – googlata veloce – i giornali italiani la rivendicano con un certo orgoglio; lo stesso con cui in questo paese si rivendica la paternità della Gioconda, della pizza Margherita, di Silvio Berlusconi e delle canzoni di Raffaella Carrà. È una storia assurda, ridicola, rocambolesca, che si è scritta da sola. Cosa sarebbe mai potuto andare storto, quindi, ad adattarla in una serie tv? Ebbene, tutto.

Per riassumere al volo le puntate precedenti, Amazon si era accaparrata Everybody Loves Diamonds nel 2020, inserendola nella lista delle sue prime produzioni originali italiane. Di quel gruppo, la serie è stata l’ultima a uscire. La staranno preparando per bene, si pensava. D’altronde è un progetto ambizioso, con ambienti e attori non solo italiani. E poi a scriverla è gente che è riuscita a tirar fuori alcune di quelle poche cose originali che la nostra tv criminale e comica abbia visto finora (Gomorra, La mafia uccide solo d’estate, Romolo+Giuly, Non uccidere, per dirne qualcuna).

Everybody Loves Diamonds serie tv recensione
Prime Video

In effetti, avviato il primo episodio, sembra quasi quasi di trovarsi davanti a un’altra di quelle cose originali. C’è Kim Rossi Stuart (un Notarbartolo con un occhio un po’ più da principe) che si affaccia dal finestrino di un furgone per guardare dritto in camera: «Chi di voi non ha mai desiderato rubare qualcosa, eh?», dice con compiaciuta indifferenza mentre dietro di lui, ancora da mettere a fuoco, la sua banda gesticola, si ansia, freme. È la sera di San Valentino, la rapina del secolo è già stata compiuta, ma bisogna ancora fare molto. Tipo recuperare un ultimo pezzo di banda da un tombino, gioire per un nanosecondo, disfarsi – male – di apparecchi e altre prove compromettenti, e infine riacquisire un’ordinarietà che non attragga la macchina mediatica e poliziesca già entrata in moto.

Il modo in cui l’incipit prosegue, si mantiene invece tutt’altro che ordinario. Con immagini piuttosto stilose, si sposta dal caos ordinato del caveau appena svaligiato a rigorosi edifici di vetro, continua a infrangere quarte pareti, presenta ogni pedina della storia con titoli baldanzosi che inchiodano a metà schermo, e ci infila dentro pure un gemmologo che con accento teutonico si prende angoli di episodio per darci ripetizioni sui diamanti («Per ottenerli dovrete estrarre circa tre o quattro tonnellate di terra e roccia» spiega da una miniera con elmetto giallo e movenze angeliane. «Insomma, un gran culo», gli fa eco un minatore nero). Il tutto, mentre si corre verso l’assurda cattura di Notarbartolo per il dettaglio più sciocco in assoluto. Niente che non si sia già visto in miglior forma, sia chiaro. Ma in questo paese eternamente bloccato viene da entusiasmarsi per il minimo accenno di innovazione che giunge in differita.

A questo punto, ci si aspetta quindi che la serie faccia innumerevoli passi indietro per raccontarci la parte di storia che ancora oggi preserva misteri. Come, cioè, una sparuta combriccola di furfanti italiani sia riuscita a fregare uno dei nuclei più influenti e impenetrabili del commercio globale. Invece no. Invece Everybody Loves Diamonds preferisce guardare avanti, riservare maggior spazio al dopo rapina. Forse l’idea è instillare il dubbio che Notarbartolo confessi, o che qualcuno dei suoi l’abbia tradito, o che l’ignara moglie (Anna Foglietta) si riveli complice. O magari vuole spiegarci com’è che alla fine si sia salvato da innumerevoli anni di carcere. Ma così il ritmo rallenta, il dubbio non si instilla, e l’attenzione inizia a spostarsi sugli aspetti grossolani.

Ad esempio, l’occhio annoiato cade sugli strati di trucco prostetico sotto i quali Rupert Everett interpreta l’avvocato che porta al protagonista i saluti di narcotrafficanti e capi dell’Isis derubati dei loro diamanti. E poi sullo strano accento con il quale Kim-Notarbartolo (siciliano? torinese? veneto? boh) trascina ogni battuta. E poi sul suo manipolatorio modulare di voce – sommesso, seducente, minaccioso – il cui effetto non è certo quello da Golden Globe di Amanda Seyfried in The Dropout. Mentre le musiche, con il giungere spavaldo e incalzante delle migliori rapine su schermo, paiono quasi aver sbagliato serie.

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Quel che si dice, infatti, è che Leonardo Notarbartolo fosse un ladruncolo con ramificazioni mafiose, dotato di un’innata capacità di ammaliare. E quel che lui dice (ormai prodigo nel rilasciare interviste, lanciare linee di magliette autocelebrative, fare da consulente agli stessi sceneggiatori della serie) è che negli oltre tre anni serviti per preparare il piano ci furono parecchi intoppi, cambi di strategia, tentazioni di lasciar perdere tutto. Cosicché vien da pensare che ci si potesse alimentare anche più di una stagione, e non una sequela di flashback blandissimi e dai dialoghi poveri, dove l’unico momento di respiro viene dall’interagire fluido tra Gian Marco Tognazzi e Carlotta Antonelli, un esperto di allarmi edonista e una giovane scassinatrice che si scambiano ansie e godibili insulti.

Per come era partita, insomma, Everybody Loves Diamonds avrebbe potuto essere una Ocean’s Eleven caricaturale, una Casa di carta senza armi né feriti. Invece è finita nel cumulo ormai gigantesco delle occasioni mancate. Quello che sta lì a ricordarci che non importa quante grandi storie questo paese scellerato ci offra: scegliamo sempre di raccontarne la parte sbagliata.

“Everybody Loves Diamonds” è disponibile su Prime Video ed è composta da 8 episodi lunghi circa 50 minuti.

Guarda il trailer

Immagine di copertina: Apple

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