Cosa abbiamo visto a novembre
Le serie tv che abbiamo visto a novembre sono l’esatto esempio di quello che ci vuole per appagare i gusti e le priorità che questo 2020 pandemico ha cambiato. Sono cioè tutte piuttosto brevi, e benché alcune non abbiano un funzionamento perfetto, ognuna ha trovato il suo modo per procurare evasione. C’è n’è una che racconta un pezzo poco conosciuto di storia egiziana moderna; un’altra che trascina nei sui gialli rilassanti grazie alla forza di una strana coppia di personaggi; una che fa ridimensionare parecchio la portata delle proprie ansie, mostrando motivi ben peggiori per averne; e un’ultima che ha adattato un racconto di Jack London in una di quelle storie da cui non ci si riesce a staccare.
Soltanto una non è proprio adatta né al periodo né al binge watching. Il suo pregio però è che alza di molto il livello delle serie italiane. La digeribilità si può risolvere prendendola a piccole dosi, quindi. Per le altre invece conviene calcolare già le ore libere da ritagliarsi.
5 serie tv che abbiamo visto a novembre 2020
Paranormal
Quando nel 1993 il dottore Ahmed Khaled Tawfik iniziò a scrivere la serie di romanzi Paranomal, nella letteratura araba il genere horror non esisteva. Lo stesso non si può dire del suo adattamento televisivo – la prima serie egiziana prodotta da Netflix – che si è inserito in un mercato affollato, peraltro senza funzionare alla perfezione come altri horror. La prospettiva però cambia quando si scopre che il suo protagonista cinico e le grandi ville infestate non sono espedienti presi altrove, bensì il simbolo di tre pezzi di storia dell’Egitto. C’è la disillusione degli anni Sessanta, quando una guerra di sei giorni spense l’enfasi postcolonialista del paese. C’è l’evasione che i libri di Tawfik rappresentarono per i ragazzi degli anni Novanta, oppressi dal regime di Mubarak. E c’è la speranza che la serie inneschi un cambiamento nel mercato televisivo arabo, finora appiattito sulle sole storie create per il mese del Ramadan.
Dove la guardo? Su Netflix
In quanto tempo? In 5 ore totali (6 episodi da 45-55 minuti)
Romulus
Rispetto a Il primo re – il film con cui condivide il mondo narrativo – ci si aspettava che Romulus si muovesse più nella direzione dell’azione coreografica ed esportabile. Invece la serie tv di Matteo Rovere se l’è presa con più calma, attutendo la violenza con un’attenzione molto riflessiva per i bei dettagli. Rovere non si è immaginato solo la nascita di Roma nell’ottavo secolo a.C: ha creato un mondo fatto di personaggi selvatici, formule in protolatino, riti pagani e paesaggi che si fatica a pensare si trovino a due passi dal Grande Raccordo Anulare. Il suo è un realismo magico che sta sospeso tra l’epicità del Trono di Spade e la sontuosità di Sorrentino. Il che ogni tanto frena un po’ troppo gli eventi. Ma per una volta, finalmente, si ha davvero l’impressione che la prima stagione sia solo la base di una storia più estesa, complessa e imprevedibile.
Dove la guardo? Su Sky Go
In quanto tempo? In 9 ore e mezza totali (10 episodi da 53-62 minuti)
I favoriti di Mida
La qualità e spesso anche il problema delle serie tv spagnole è che partono da premesse thriller molto intriganti e poi si sciolgono in una sequela di infiniti rimandi sentimentali. Questa miniserie è esattamente così, ma se ne rimane invischiati più del solito. Forse perché il suo protagonista, un onesto finito a capo di un conglomerato mediale, è altrettanto invischiato in un fattaccio: capire se pagare 50 milioni di euro a un’organizzazione segreta che lo ricatta uccidendo persone a caso. Forse perché il creatore Mateo Gil (già sceneggiatore di Mare dentro e Vanilla Sky) ha aspettato quasi vent’anni prima di adattare questo racconto dello scrittore americano Jack London. Se avesse deciso di farne un film nel 2001 – come previsto inizialmente – Gil non avrebbe intercettato la rabbia sociale, il disprezzo per i ricchi, lo svalutarsi dei giornali, il cambiamento del mondo dei media causati dalla crisi economica del 2008. L’idea è che in questa realtà tossica chiunque possa diventare una persona un po’ più brutta per proteggere sé stesso. La serie attrae perché ci riflette, e per questo conviene ritagliarsi subito sei ore libere.
Dove la guardo? Su Netflix
In quanto tempo? In 5 ore e 15 minuti totali (6 episodi da 51-57 minuti)
No Man’s Land
Questa serie tv sulla guerra civile in Siria è stata prodotta dopo aver vinto come miglior progetto al festival Séries Mania del 2017, e quest’anno avrebbe dovuto tornarci come finalista della competizione internazionale, poi annullata per via della pandemia. Nel frattempo però è diventata un caso di studio. Per girarla, Francia, Belgio e Israele hanno messo insieme quattro sceneggiatori molto bravi, artisti di 13 nazionalità diverse, 6 lingue in un solo copione, e diversi dialetti arabi tradotti con un lavoro certosino. Il tutto per raccontare le YPJ – le unità armate femminili curde che combattono contro l’ISIS – attraverso gli occhi di un incamiciato ingegnere arrivato da Parigi per cercare la sorella. Il punto non è tanto l’autenticità, quanto il riconoscersi nel panico tangibile del suo protagonista alle prese con un conflitto che – si realizza – riguarda il mondo occidentale più di quanto si pensi. Vedendola, le ansie quotidiane si ridimensionano parecchio.
Dove la guardo? Su Starzplay
In quanto tempo? In 5 ore e 20 minuti totali (8 episodi da circa 40 minuti)
L’Alligatore
Rai 2 ha imboccato ormai la via del noir, con serie (dalla Porta Rossa a Rocco Schiavone) ben imbastite, ma legate dalle stesse incertezze recitative e dal dovere di non sconvolgere troppo gli spettatori del servizio pubblico. Ci sono però almeno tre valide ragioni per cui dare un’occhiata alle investigazioni senza licenza dell’Alligatore. La prima sono i paesaggi della laguna veneta: una distesa d’acqua salmastra venata di stradine che portano a case e baracche di tipi loschi. La seconda sono i protagonisti: la strana coppia formata dal ruvido Alligatore e dall’eccentrico contrabbandiere zio Beniamino è il prodotto di un gran lavoro di accenti, microespressioni e disillusione fatto da Matteo Martari e Thomas Trabacchi. La terza infine è la storia personale di Massimo Carlotto, autore dei libri da cui è tratta la serie, che fa attecchire le trame un po’ traballanti alla realtà, rendendole credibili.
Dove la guardo? Su RaiPlay
In quanto tempo? In 7 ore e 40 minuti (8 episodi da 49-56 minuti)