Tonfi e Trionfi nella tv di novembre 2018
Quanto può valere una storia, se dimentica di dare valore all’autenticità delle emozioni? Non serve risposta, in fondo la domanda è retorica, oltre che stantia. Eppure, la questione non pare esser stata ancora ben assimilata e continua a pesare nel fare di certe storie tonfi e di altre invece gradevoli trionfi. A guardare le serie tv di novembre 2018, vien così da chiedersi come sarebbe stata Homecoming senza la genuinità del gusto retrò, come avrebbe fatto Kidding a sopravvivere senza la malinconia di Jim Carrey e se L’amica geniale sarebbe riuscita a intensificare le parole di Elena Ferrante privandosi di una certa forza pittorica delle immagini. Come del resto vien da chiedersi se Nero a metà avrebbe appassionato con un po’ più di suspense e meno smania del messaggio sociale.
Perché spesso un solo elemento – se quello giusto – può cambiare la percezione emotiva di un prodotto tv. Anche se non è formula affatto originale. Salvo, però, ricordarsi che alcuni tipi di sentimento appartengono a un pubblico e uno soltanto. E che a non rivelarlo fin da subito si rischiano pericolose incomprensioni.
Il meglio e il peggio delle serie tv di novembre 2018

Trionfi: Kidding

Ridere prima, per sfazzolettare poi. È l’effetto Mr. Pickles, o forse più del Jim Carrey ritrovato, che no, non è nuovo al tragicomico, ma stavolta ha uno sguardo segnato di autentica mestizia. Il suo eroe buono buonissimo alle goffe prese con il dolore rende magico un dramedy famigliare che non necessiterebbe nemmeno delle consumate ricette del disfunzionale. Basta la rabbia (specie se repressa), ingrediente raro, esplosivo e catartico. E la malinconia post risata, pur in crescendo, è tanto tenera da volerne di più.

Trionfi: La nuova serialità europea

Ebbene sì, in Europa ci sono da qualche anno molte più serie lodevoli di quanto si pensi. Solo, non godono sempre della super enfasi del lancio. E allora tocca armarsi di costanza per scovarle. Il premio sono trame spietate e appaganti, come quelle di 13 Commandments o Beat, ma soprattutto sorprendenti personaggi generalisti. Come il luminare criminologo della belga Professor T. (su La7), germofobico, maniacale e dall’empatia nulla, del quale la polizia di Anversa proprio non può fare a meno. Semplice e piacevole.

Tonfi: Nero a metà

Che belli, gli stereotipi sulla diversità. A mamma Rai piacciono tanto, e ancor più ribaltarli con assurdità pedagogica e cacciarli nella prima fiction utile. L’ultima è quella del poliziotto razzista (ma bonaccione) affiancato dal collega nero (ma non troppo), secchione e pure invaghito di sua figlia. Come adora fare, poi, mamma Rai l’ha spoilerata in tutti gli spiragli a disposizione. Riuscendo a scoraggiare anche chi, dopo quei cattivoni di Rocco Schiavone o I Medici, era pur ben disposto ad anestetizzare il cervello con un’iniezione di buonismo.

Trionfi: Homecoming
Ha fatto più che bene, Julia Roberts, a concedersi l’approdo televisivo assai più tardi rispetto ad altri colleghi. Il suo non è il solito nome di lusso appiccicato su un prodotto di mediocre qualità. Bensì la preziosa finitura di una serie già da sé intrigante per ensemble notevole (Bobby Cannavale, Sissy Spacek, Dermot Mulroney) e regia (quella di Sam Esmail) sfacciatamente hitchcockiana. Questo piccolo thriller si guarda che è un piacere, tornando per qualche ora all’ansia dilettevole di sessant’anni fa.

Trionfi: L’amica geniale

Ci sono sentimenti più buoni che cattivi, costumi d’epoca e giovanissimi per protagonisti. C’è anche qualche sbavatura, come la strana scelta della voce narrante e certi smielati omaggi a Rossellini per compiacere gli americani. Ma l’adattamento seriale del primo romanzo di Elena Ferrante smuove emozioni forse anche più della carta. Perché l’immagine è autentica e alla sua violenta concretezza non si sfugge. Tanto da riscaldare la ligia fedeltà alla storia e accompagnare finalmente la fiction in una dimensione qualitativa superiore, ritrovando anche lo sguardo del pubblico che (non senza ragioni) la snobbava.

Il rimandato del mese: Baby
Dosi massicce di sensazionalismo e il teen drama per adolescenti si fa credere dramma mala-lussurioso. Salta fuori invece che la serie attesissima sul caso baby-squillo è in realtà intreccio di turbe sentimentali della generazione Felicità puttana, raccontata con i soliti archetipi e smorzando ogni possibile crescendo drammatico. Eppure, graziati dalla brevità non estenuante, vien darle una seconda possibilità. Il ruvido realismo e qualche volto talentoso lo meriterebbero, in fondo. E la baby squadra di creatori avrà tempo sufficiente per far fiorire i molti germi non ancora sbocciati.
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