Recensioni

I Tonfi e Trionfi di maggio 2019

Il maggio 2019 appena trascorso ha visto susseguirsi quasi solo meraviglie di serie tv, nuove e non. Tutte da lode, peraltro. Ed è fatto che in mesi di Tonfi e Trionfi non era mai successo prima (andate a vedere, se non vi fidate). D’altronde, cos’altro mai avrebbe potuto surclassare l’addio alla serie delle serie, l’arguzia dell’unico titolo per cui ringraziare Trump e la brillantezza di due mini-racconti di grande pregio?

Per non parlare, poi, di quella storia minuscola che con molta raffinatezza comica e psicologica ha raddoppiato il suo valore. Tanto che una volta congedatasi per sempre non ha lasciato quasi altre valide ragioni per continuare a tenere accesa la tv.

Il meglio e il peggio delle serie tv di maggio 2019

Game of Thrones serie tv maggio 2019
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Tonfi: Game of Thrones

Avrà negato il finale che in molti si aspettavano, accelerato rischiosamente i tempi narrativi, fatto scelte apparentemente incoerenti e avuto stagioni ben più entusiasmanti. Ma Game of Thrones ha ipnotizzato il pubblico più eterogeneo possibile mescolando generi, procurato sudori multipli anche agli scettici, portato sul piccolo schermo episodi di qualità (e lunghezza) spesso superiore a quella cinematografica, e ridato vita – di settimana in settimana – alla vecchia magia aggregativa della tv nell’epoca del tutto e subito, del binge watching in solitaria. Per quasi un intero decennio. Quante altre serie tv avrebbero saputo farlo?

What/If Renée Zellweger Netflix
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Tonfi: What/If

Ci sono serie tv capaci di radunare tutto il trash del mondo e dargli una forma tanto appetibile da costringere a farsi guardare – pur con colpevole trasporto – per ore, giorni, decenni (vero Shonda?!). YOU è una di queste. What/If invece no. Troppo confusa, troppo debole, troppo popolata di cliché affatto tridimensionali. Troppo aggrappata all’aura magnetica e ambigua di una Bridget Jones nuova e molto, molto crudele. Forse (e un po’ la si comprenderebbe), per la rabbia di veder tornare di moda i mutandoni contenitivi, una volta riuscita a dirgli addio.

The Good Fight Diane Lockhart Christine Baranski
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Trionfi: The Good Fight

Ancor più di un’incalcolabile quantità di tweet satirici (i suoi) e dell’imitazione di Alec Baldwin, The Good Fight è il dono più grande che Donald Trump potesse concedere. Una lettura lucida, brillante e sperimentale del periodo attuale, con scambi ficcanti, situazioni esplosive e personaggi arguti al punto di interrogarsi altresì sulle proprie contraddizioni di democratici convinti. La resa è catartica, eccome se è catartica! E dovessero restare a corto di ispirazione, i coniugi King sappiano che da queste parti c’è materiale anche più succoso a cui attingere.

Dead to Me Netflix serie tv maggio 2019
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Tonfi: Dead to Me

Nello scrivere Dead to Me qualcuno dev’essersi fatto prendere dalla pigrizia e aver pensato che alla sua storia già vista e rivista non servisse alcun tocco di originalità: solo la garanzia dei precedenti funzionanti. Quel che ne è uscito, è una serie ciclica in maniera avvilente, dove l’entusiasmante si ripete sempre uguale a se stesso e si dissolve sempre nel nulla. Occasione sprecata, perché Christina Applegate e Linda Cardellini come neovedova iraconda e fricchettona maldestra funzionavano a meraviglia.

Catch-22 Good Omens serie tv maggio 2019
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Trionfi: Catch-22 e Good Omens

Qui la scelta era difficile: a farne trionfare soltanto una si sarebbe fatto torto all’altra. Fortuna che Catch-22 e Good Omens hanno molte qualità in comune: colori appaganti e diversi gradi di insanità mentale, per dirne giusto due. Oltre a una lunga lista di volti assai noti al servizio di una scrittura fatta di botta e risposta assurdi tra caricature stravaganti. Prova che con il giusto dosaggio di elementi si può esaltare anche il romanzo più ostico da adattare. Senza adagiarsi sulla sola attrattiva (ormai alquanto provinciale) della stella hollywoodiana.

Fleabag serie tv maggio 2019
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SuperTrionfo: Fleabag

La seconda – e ultima – stagione di Fleabag parte da una mezz’ora di cena passivo-aggressiva e trascina senza chiedere in un traboccare di risse, lattine di gin tonic, stoccate, segnali divini, sanguinamenti, confessioni, un matrimonio discutibile, molti finlandesi, diverse volpi, eresie, tagli di capelli sbagliati e monologhi sui dolori di ovaie. C’è amore su tutti i fronti, anche non romantici. E pure un “Prete Sexy”. Da adattamento teatrale intimista si è fatta serie tv inclusiva, facendo spazio anche per i disturbi altrui, non solo quelli di una millennial istrionica e precaria. Fleabag è uscita dalla nicchia: dalla sua sottigliezza psicologica chiunque si sente un po’ compreso. E dire che Phoebe Waller-Bridge un’altra stagione non voleva nemmeno farla. Finendo, invece, per scrivere un addio più doloroso di quello al gioco del Trono.

Sfondo copertina: Freepik

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