‘Here and Now’, il family drama si fa mistico
Ricordate quando i Camden osavano addentrarsi nelle strade della perdizione (tra precoci fumatori di spinelli e gravidanze adolescenziali), per illuminare la retta via con uno stucchevole cocktail di moralismo e misericordia? Ebbene, i tempi di Settimo Cielo sono ormai lontani. Perché se c’è un genere che più di altri ha risentito delle evoluzioni dell’ultimo decennio, è proprio quello del family drama. Scenario perfetto, insomma, per esplorare ogni mutamento socio-culturale attraverso le vite di personaggi emblematici, protagonisti di storie inclusive.
Dai tentativi di Brothers & Sisters e Parenthood, il genere si è fatto così sempre più concreto. Negli ultimi anni ha presentato al piccolo schermo l’eterogeneità dei Foster (The Fosters) e le disinibizioni disfunzionali dei Pfefferman (Transparent), fino a struggere con i sentimenti puri dei Pearson e la loro This Is Us. Tutte derive narrative, queste, che HBO ha intinto nel suo solito stile, per poi farle convergere nel racconto di Here and Now.
A ben pensarci, pare quasi paradossale che la rete via cavo amante del pionierismo seriale fosse da tempo sprovvista di un ensemble familiare di riferimento. Nel correre ai ripari, la penna di Alan Ball (American Beauty, Six Feet Under, True Blood) ha dunque tratteggiato un nucleo di rara compiutezza.
Holly Hunter e Tim Robbins sono Audrey Bayer e Greg Boatwright, un’ex terapista e un professore di filosofia di Portland, da sempre inclini a rompere gli schemi. Tanto liberal e progressisti, da capeggiare una famiglia incarnante il peggior incubo trumpiano. Prima dell’unica figlia biologica – l’irrequieta diciassettenne Kristen – la coppia ha infatti adottato tre ragazzi da territori danneggiati dalle politiche statunitensi. Ashley, di origine liberiana, gestisce un sito di moda ed è sposata con un repubblicano. Duc, vietnamita, è invece un “architetto motivazionale” (?!) e reprime con la castità una dipendenza dal sesso. Il colombiano Ramon, omossessuale, disegna infine videogiochi.
Se poi non bastasse, la serie sbircia anche tra le mura di casa Shrokani, dove lo psichiatra iraniano Fred (o meglio Farid) – che ha in cura proprio Ramon – si confronta con un figlio gender fluid ma osservante.
Un microcosmo sociale, che restituisce ossessivamente a ogni etnia, generazione, orientamento la propria quota di rappresentanza, aprendosi a un ampio spettro di tematiche attuali. Ciascun personaggio ha un fantasma da affrontare “qui e adesso”, senza rimuginare sul passato o arrovellarsi sul futuro, si tratti di una crisi di età, relazionale o professionale.
Tuttavia, è proprio questo l’ostacolo su cui Here and Now sembra inciampare. Per quanto godibili, i primi episodi (in totale dieci da un’ora) ricercano una nota distintiva in una deriva psico-mistica che disorienta. Il pessimismo esistenziale del sessantenne Greg (che ha fatto fortuna con un libro sulla felicità) o le allucinazioni di Ramon (perseguitato dal numero 11:11) scatenano lunghi voli pindarici che meditano su tutte le sfumature del patologico. Ma una volta imboccato il versante psicologico, ecco insinuarsi il dubbio che sulle esistenze dei personaggi penda un disegno più grande e sovrannaturale.
Artificio che stona, più che intrigare, trascinando Here and Now in un limbo identitario. Sospesa tra il vivace ritratto contemporaneo dei migliori family drama e un misticismo retorico che rincorre invano il fascino di The Leftovers e True Detective.