“Moon Knight”, spiegata come si deve
Add a header to begin generating the table of contents
È passato poco più di un anno dall’inizio della cosiddetta Fase 4 del Marvel Cinematic Universe, ed è ormai piuttosto chiaro quale sia il suo obiettivo: mantenere la centralità di Marvel nella produzione di contenuti blockbuster, ma dimostrarne al contempo la capacità – spesso contestatale – di raggiungere gli standard del cinema e della televisione di prestigio. Lo si è visto soprattutto con le sue quattro serie tv uscite finora: WandaVision e Loki, due produzioni dallo stile più sofisticato e sperimentale, si sono alternate a The Falcon and the Winter Soldier e Hawkeye, dall’azione supereroica più classica. Con Moon Knight, la miniserie in 6 episodi disponibile su Disney Plus dal 30 marzo, Marvel ha tentato di conciliare questi due aspetti in unico progetto che potrebbe dare una svolta definitiva alla sua evoluzione.
Si dice infatti che Moon Knight sia diversa da qualsiasi film o serie tv che, a oggi, il Marvel Cinematic Universe abbia creato. Il suo protagonista è un supereroe affetto da un disturbo dissociativo dell’identità, capace di entrare in connessione psichica con una divinità egizia. Per la prima volta, però, la serie non si preoccupa tanto di intrecciare connessioni con le decine di altre storie Marvel esistenti. Moon Knight si concentra piuttosto sulla ricostruzione delle origini del suo supereroe centrale, che nei fumetti sono raccontate in maniera piuttosto lacunosa.
Gli episodi, insomma, sono stati descritti come uno studio approfondito del personaggio di Moon Knight, che dovrebbe portare l’universo Marvel in territori più soprannaturali, cupi e violenti del solito, e introdurlo a una maggiore complessità psicologica. E il fatto che l’interprete principale sia Oscar Isaac, un attore molto versatile, in grado di passare dal cinema indie a grandi successi più commerciali come Star Wars, consolida le aspettative che questa serie rappresenti l’ingresso di Marvel nella produzione cinematografica e televisiva di alta qualità.
Da dove viene Moon Knight, in breve
Nell’universo di Marvel Comics, Moon Knight comparve per la prima volta nel 1975, nel numero 32 della testata Werewolf by Night, scritto da Doug Moench e disegnato da Don Perlin. La storia introduceva Moon Knight come un antagonista: un mercenario assoldato da un misterioso gruppo di uomini d’affari, il Comitato, per catturare il protagonista Licantropus. Moon Knight si distingueva per il suo mantello bianco con cappuccio, gli stivali e i guanti da combattimento d’argento, e il simbolo di una luna crescente sul petto. Tuttavia, sulle origini del personaggio e sul suo costume – per così dire – lunare si sapeva poco. I suoi trascorsi venivano brevemente accennati da uno dei membri del Comitato, che spiegava come Moon Knight fosse l’alter ego di Marc Spector, un veterano di guerra che aveva lavorato per la CIA.
Successivamente, Moon Knight comparve in altri fumetti come una figura più eroica e positiva, alleata a personaggi come Spiderman e Daredevil. Nel 1980 Moench e il fumettista Bill Sienkiewicz pensarono quindi di dedicargli una serie a sé stante. I due autori, con l’aiuto della loro squadra creativa, riscrissero e ampliarono la storia del personaggio, collocandone le radici in Egitto.
Marc Spector era infatti un mercenario americano, di Chicago, aggregatosi a una spedizione archeologica nel deserto durante la quale veniva ucciso. Il suo corpo veniva però resuscitato nella tomba di Khonshu, il dio egizio della Luna, che in una visione gli chiedeva di diventare il suo cavaliere vendicatore sulla Terra. Spector faceva quindi ritorno in America, portando con sé un mantello preso dalla tomba per trasformarsi nel Pugno di Khonshu e proteggere i cittadini. Oltre a quella di Moon Knight, Spector si creava poi diverse altre identità, come quelle del milionario Steven Grant e del tassista Jake Lockley.
Il confronto con Batman
Benché fosse il protagonista di un’intera serie di fumetti, Moon Knight è rimasto negli anni un personaggio piuttosto secondario. In molti lo hanno spesso considerato il corrispettivo di Marvel al più famoso Batman, creato dalla casa fumettistica DC Comics. In effetti, le somiglianze tra i due supereroi non sono poche: entrambi hanno un alter ego molto ricco; il loro ruolo è vigilare su persone innocenti terrorizzate perlopiù da criminali notturni; il loro costume ha una cintura armata di ingegnosi gadget da usare per ogni evenienza; tutti e due sorvolano sulla città a bordo di un aereo che ha la forma dei loro simboli (un pipistrello e una luna crescente); a muovere entrambi è infine il tema della vendetta. Mentre Batman veste di nero per nascondersi nell’oscurità notturna di Gotham City, però, Moon Knight veste di bianco affinché i nemici lo vedano arrivare.
Secondo il sito americano The Ringer, la serie di Disney Plus è un’occasione per scardinare l’idea diffusa che Moon Knight sia una copia di Batman. Il creatore Jeremy Slater detto di essersi posto questo obiettivo quando ancora il progetto era in fase embrionale. «Non possiamo fare di Moon Knight un altro semplice vigilante che picchia i rapinatori nei vicoli; il mercato ne è saturo», ha spiegato Slater. Gli episodi hanno quindi la possibilità, forse per la prima volta, di dare valore al personaggio e scrivere in maniera definitiva la sua storia, dopo le molte riscritture e i tanti errori di continuità narrativa dei fumetti.
Di cosa parla la serie
Già nei minuti iniziali del primo episodio, la serie tv di Moon Knight mostra alcune evidenti differenze con i fumetti e le altre produzioni Marvel. La prima che salta all’occhio è l’ambientazione principale: non più gli Stati Uniti, bensì l’Inghilterra. La serie si apre a Londra, dove vive Steven Grant, l’alter ego più timido e ansioso di Marc Spector. A differenza dei fumetti, Grant è il personaggio principale del racconto e non è un produttore televisivo milionario. La sua nuova versione è un impacciato e insospettabile commesso che lavora nel negozio di souvenir di un museo e ha una passione per l’antico Egitto. La vita monotona di Grant è tormentata da gravi vuoti di memoria e sogni alquanto avventurosi, che sembrano appartenere a un’esistenza parallela.
La serie si mette in moto quando, per via di alcune coincidenze, Grant scopre di avere un disturbo dissociativo dell’identità. Nel suo corpo vive anche il mercenario Marc Spector, ben più razionale, aggressivo e sicuro di sé, che fa da veicolo alla voce autoritaria e spietata di Khonshu, il dio egizio della luna e della vendetta. Marc e Khonshu non vanno però molto d’accordo con Arthur Harrow, una specie di santone a capo di una setta legata alla dea Ammit. Harrow è convinto che Spector sia in possesso di alcuni antichi reperti che potrebbero “guarire il mondo”, e al contempo vorrebbe integrarlo nel proprio culto. Mentre cerca di capire il funzionamento del suo disturbo e mantenere il controllo del proprio corpo, Grant si trova così coinvolto, con molta riluttanza, anche in una guerra tra potenti divinità egizie.
I personaggi
Il personaggio di Steven Grant non è affatto l’unico ad aver subito modifiche nel passaggio dai fumetti alla televisione. Lo sceneggiatore Jeremy Slater ha messo mano anche alle storie delle altre figure che ruotano attorno al protagonista, completandole e rendendole più complesse.
Arthur Harrow, ad esempio, comparve in un solo fumetto – il numero 2 – di Moon Knight nel 1985. Il suo personaggio aveva le sembianze di uno scienziato matto i cui terribili esperimenti ricordavano quelli dei medici nazisti. Nella serie, invece, Harrow è un visionario, il leader di una setta religiosa che si convince di avere un potere salvifico sul mondo. Classificarlo come un semplice cattivo dalle intenzioni malvagie è quindi più difficile. Per comprendere la complessità del personaggio, basta pensare che il suo interprete, Ethan Hawke, l’ha plasmato ispirandosi a figure storiche anche molto distanti tra loro. Tra queste, il predicatore americano David Koresh lo psichiatra Carl Jung, il leader cubano Fidel Castro, il dottore nazista Josef Mengele, il Dalai Lama e il fondatore di Apple Steve Jobs.
Ci sono poi anche personaggi inventati apposta per la serie. Come Layla (May Calamawy), un’archeologa egiziana legata al passato di Marc Spector, che aiuta quest’ultimo nella sua missione di servire il dio Khonshu. Layla è molto probabilmente il corrispettivo di Marlene, anche lei archeologa, che nei fumetti aveva una relazione intermettente con Spector.
Infine nel cast della serie è presente anche Gaspard Ulliel, l’attore francese morto lo scorso gennaio a 37 anni in seguito a un incidente sciistico. Ulliel interpreta Anton Mogart, un ladro e collezionista d’arte conosciuto come The Midnight Man. Si tratta del suo ultimo ruolo televisivo.
Cos’è questa storia delle personalità?
Lo sforzo maggiore, nella produzione della serie, si è comunque concentrato sulla creazione di Steven Grant e delle sue molteplici identità. Scelta piuttosto comprensibile, se si considera che Moon Knight è stata presentata come lo studio approfondito del suo supereroe principale.
In particolare, il creatore Jeremy Slater e l’attore Oscar Isaac hanno integrato la propria visione del personaggio alle nozioni degli esperti che hanno fatto da consulenti alla serie, per creare una rappresentazione il più possibile accurata della sua psicologia.
Nei fumetti, l’espediente delle molteplici identità fu inizialmente introdotto come strumento che avrebbe permesso al protagonista di introdursi combattere il crimine in differenti ceti sociali. Di numero in numero, gli autori si resero tuttavia conto che avrebbero pututo usare questa caratteristica per esplorare il disturbo dissociativo dell’identità. Ad ogni modo, la maniera in cui lo fecero non fu del tutto corretta. Spesso il disturbo di Spector veniva confuso con la schizofrenia e associato a parole dall’accezione negativa, come “pazzo” e “folle”. Questa stessa tendenza si riscontra in parecchi film e serie tv hollywoodiani, anche a causa della dicitura precedente del disturbo. Il fatto che in passato fosse definito “disturbo di personalità multipla” ha di frequente portato a creare personaggi dalle dinamiche incorrette, irreali ed estremizzate. Con il risultato di creare una relazione di estraneità, anziché di vicinanza e comprensione, con il pubblico
Per correggere questa interpretazione fuorviante, Moon Knight è partita dall’idea di focalizzarsi sulle emozioni del protagonista. Come spiegato da Isaac, «volevamo che tutto sembrasse l’espressione esterna di una lotta interiore». L’attore ha detto di essersi preparato basandosi soprattutto sul libro A Fractured Mind, nel quale lo studioso cinese Robert B. Oxnam racconta il percorso di terapia che l’ha portato a scoprire di avere 11 diverse personalità. Grazie al libro, Isaac ha detto di aver appreso il reale funzionamento del disturbo, spesso rappresentato in maniera erronea da film e serie tv. «Non è che qualcosa di traumatico accade e all’improvviso compaiono tante personalità». Bensì, «in modo da sopravvivere a questo abuso, la mente si frattura e crea diverse altre personalità per riuscire a occultarlo, a farsene carico, a punire le persone abusanti».
Moon Knight si pone pertanto come il racconto rispettoso di quel che significa vivere nel pieno di un scompenso mentale. Dallo spavento di non riuscire ad avere controllo su sé stesso, Steven Grant deve capire come accettare e integrare il disturbo nella sua vita. A ciò si sovrappone una parte più soprannaturale, che trae ispirazione dalla mitologia egizia. Si dice infatti, che Khonsu, il dio egizio della luna, fosse definito «colui che abbraccia, esploratore, difensore e pianificatore», oltre che protettore dei viaggiatori notturni. Tutti aspetti, questi, che si riflettono anche nelle diverse identità di Moon Knight.
Quindi Moon Knight è davvero violenta?
Questa tendenza a una complessità e autenticità psicologica maggiore è una caratteristica che accomuna le diverse produzioni della Fase 4 del Marvel Cinematic Universe. (Su tutte WandaVision, una metafora impeccabile dei meccanismi di difesa innescati dalla rabbia e dal lutto). Tuttavia Moon Knight sembra volerla portare a un livello più profondo. Come spiega Variety, in questa serie «lo spettro del trauma e della violenza incombe in maniera molto più viscerale di quanto i Marvel Studios abbiano mai esplorato prima».
Per rendere concreto lo scompenso, lo smarrimento e le dinamiche del disturbo dissociativo di Steven Grant, Moon Knight si affida a giochi di specchi, immagini inquietanti, oniriche, brutali, soprannaturali. Una particolarità che la rende ben meno rassicurante rispetto ad altre serie Marvel, ma che rispetta perfettamente lo stile del suo creatore. In Moon Knight, Jeremy Slater sembra infatti unire le sue opere precedenti: la serie di supereroi The Umbrella Academy e la serie horror The Exorcist. Slater ha spiegato di voler «portare un po’ di horror e quelche mostro spaventoso nel Marvel Cinematic Universe, e poi spingere questo involucro il più lontano possibile». Perciò ha detto di essersi ispirato a film come Ghostbusters e I predicatori dell’arca perduta, il secondo lungometraggio della saga su Indiana Jones.
Moon Light non è però il prodotto del solo stile del suo sceneggiatore. Il regista Mohamed Diab – il primo arabo a dirigere una produzione Marvel – ha detto aver visto nella serie un’opportunità per unire le sue origini egiziane con la grandezza dei film hollywoodiani. Al suo fianco, un paio di episodi sono diretti da Justin Benson e Aaron Moorhead, famosi per i loro film horror indipendenti.
Questa deriva più cruda ha suscitato una certa curiosità, soprattutto perché Disney Plus si colloca sul mercato dello streaming come piattaforma per famiglie. Disney ha deciso così di alzare a 16 anni l’età consigliata per la visione della serie. Tuttavia, alle tante domande sull’insolita violenza di Moon Knight, i creatori hanno risposto di non aver voluto fare passi indietro. «C’è un cambio di tono. Questa è una cosa diversa. Questa è Moon Knight», ha detto Kevin Feige, presidente di Marvel Studios.
Si ride anche?
Dal primo episodio, Moon Knight sembra comunque voler rendere la complessità del suo protagonista mettendo insieme più generi. Il regista Diab ha spiegato che nella serie ci sono «azione, horror e commedia, tutte cose che desideravo avere la possibilità di mostrare».
Lo stesso Oscar Isaac ha detto di aver preparato le molteplici identità del suo personaggio osservando soprattutto comici britannici come Peter Sellers e Karl Pilkington. In particolare, Isaac ha costruito la goffaggine di Steven Grant guardando Scemo di viaggio, un documentario umoristico creato da Ricky Gervais e Stephen Merchant, dove Pilkington affronta diversi viaggi in giro per il mondo, benché non sia affatto predisposto al confronto con altre culture. «Spesso non sai se lui sappia di essere divertente. C’è qualcosa di naturalmente introverso in lui, che mi è piaciuto un sacco» ha detto Isaac.
Parte della comicità di Moon Knight viene infine dagli accenti che Isaac ha creato – su sua idea – per distinguere le diverse identità del suo personaggio. Questo espediente fa percepire ancora di più quanto la malattia mentale renda Steven Grant un narratore inaffidabile. Il che, secondo Ethan Hawke, rende anche più difficile capire se gli altri personaggi siano davvero buoni o cattivi. Infatti, «una volta che si rompe il prisma della realtà, tutto ciò che il pubblico vede assume un punto di vista distorto».
Siamo sicuri che non ci siano collegamenti con il mondo Marvel?
Il fatto che Moon Night sia una miniserie (o almeno, lo sia per il momento), ha permesso ai creatori di focalizzarsi principalmente sull’analisi del personaggio. Peraltro, la storia fumettistica poco solida del supereroe ha concesso loro di muoversi con una certa libertà narrativa e stilistica. Per queste due ragioni, Moon Night sembra lasciare da parte la continuità con il resto dell’universo Marvel. Per quanto se ne sappia, nella serie non si parla degli Avenger o degli Eterni, di multiversi o Gemme dell’Infinito; come del resto non è prevista la comparsa di supereroi familiari, come Doctor Strange o Wanda Maximoff, Capitan Marvel o Shang-Chi.
Dopo il primo episodio, però, qualche spettatore più accorto ha detto che Moon Night non sembra del tutto sconnessa dagli altri film o serie tv Marvel. In particolare, molte persone pensano che il museo britannico in cui lavora Steven Grant possa essere lo stesso visto in Eternals e nel trailer di Doctor Strange nel multiverso della follia. Peraltro quest’ultimo uscirà nei cinema il 4 maggio, cioè lo stesso giorno in cui è prevista l’uscita del finale di Moon Knight. Secondo qualcuno, questa sovrapposizione non sarebbe affatto una coincidenza. E da qui si è sviluppata l’ipotesi che l’episodio cosclusivo della serie possa fare da collegamento con il film.
I creatori della serie, comunque, hanno ribadito di non essersi preoccupati troppo di rispettare la tradizione e i canoni di Marvel. Le lacune nei fumetti di Moon Knight, ha spiegato Isaac, hanno permesso di distaccarsi dalla logica del «assicuriamoci di fare questo, altrimenti i fan impazziranno». Di conseguenza, «abbiamo un sacco di libertà nel capire quello che è eccitante per noi».