In “Murderbot”, l’unica cosa letale è la noia
Piccola postilla prima di iniziare: questa recensione si basa su sei dei dieci episodi di “Murderbot”.
Per essere una commedia, Murderbot è una creatura strana: la sua strategia per far ridere è restare seria. Non che sia nuova, in realtà. Ma se sulla pagina scritta è una delle cose che hanno fatto funzionare i libri di Martha Wells, la sua versione televisiva (dal 16 maggio su Apple TV+) dà la sensazione di essere più incompiuta che spassosa.
Una creatura strana lo è anche il suo protagonista, Security Unit 238776431 (Alexander Skarsgård ha trovato un personaggio con un nome più insidioso del suo), uno dei tanti androidi prodotti in serie da una società di pianeti interconnessi che potrebbe facilmente farsi passare per la galassia di Star Wars. In parte macchine, in parte materia organica, il loro compito è proteggere gli umani – principalmente, da sé stessi. Tuttavia, questo “SecUnit” ha qualcosa di diverso: dopo aver hackerato il proprio sistema e disattivato il modulo che gli impedisce di disobbedire, ha sviluppato un pensiero autonomo e la capacità di provare emozioni, oltre a captare quelle altrui. Solo, non può darlo a vedere, o finirebbe immediatamente fuso e rottamato.
Per le consetudini della fantascienza, questo dovrebbe essere il punto in cui l’intelligenza artificiale si ribella alla schiavitù, libera di scappare, vendicarsi, uccidere. Ma a dispetto del nome con cui si ribattezza, “Murderbot”, il nostro androide ha tutt’altra intenzione. La sua unica inclinazione è assentarsi da un mondo che lo repelle, rifuggendo nel binge watching massiccio di telenoveliche serie tv spaziali.

A ricondurlo alla realtà sono le dissaventure di un gruppo di scienziati hippie – sono liberi, venerano l’ambiente e vengono da una specie di “comune planetaria” – che lo ha scelto come guardaspalle per una spedizione su un pianeta sperduto. (Murderbot non è proprio il modello più recente, e loro puntano al risparmio). E qui, l’angoscia esistenziale si acuisce. Se da un lato vede gli umani come una massa di inetti che fanno cose alquanto cretine, dall’altro Murderbot non può fare a meno di proteggerli, sviluppando una certa attrazione per i loro sentimenti. Anche perché, dal graduale trapelare del suo segreto, il gruppo non sembra affatto spaventato; e ai suoi tentativi evitanti risponde con una premura affettuosa. Il tutto, mentre l’emergere di minacce, e pure di una possibile cospirazione, li costringe a stare vicini.
Da questa premessa, la serie avrebbe ottime possibilità di srotolare temi interessanti percorrendo una prospettiva insolita. In un’epoca in cui ci si interroga sull’impatto dell’intelligenza artificiale sull’umanità, Murderbot ci mostra invece cosa potrebbe pensare lei di noi (spoiler: l’abbiamo già sfiancata). E man mano sembra rivelarsi un racconto inatteso, ma piuttosto autentico, di come si vive con una neurodirvegenza. Il suo robotico protagonista è infatti uno Sheldon che si approccia a ogni slancio emotivo come fosse una strana e ignota materia di studio, affidandosi a quanto imparato nelle serie tv per capire come comportarsi con gli umani.

Per quanto le sue riflessioni siano caustiche e bizzarre, però, gli episodi strappano solo ogni tanto un sorriso. Come del resto l’insieme di finti alleati in agguato, androidi killer, vermi giganti à la Dune e altri grandiosi effetti speciali (di rado se ne vedono di simili in episodi da mezz’ora) non riesce ad alleviare la sensazione che la trama sia spesso piatta e inconcludente. Persino il robot di Skarsgård resta sospeso tra il gradevole e il poco riuscito. E benché i suoi pensieri intrusivi in sottofondo abbiano un senso comico, sono così fitti da soffocare la narrazione.
Come lui, gli altri personaggi di Murderbot trascorrono il proprio tempo in scena pronunciando strani termini galattici, mentre affrontano gli eventi con una gravosità ben più accentuata di quella percepita. Loro stessi sembrano sforzarsi di credere in universo nel quale faticano ad ambientarsi. Perché quindi dovremmo crederci noi?
“Murderbot” esce il 16 maggio su Apple TV+. La prima stagione è composta da 10 episodi lunghi 22-34 minuti. I primi due sono disponibili da subito.
Guarda il trailerImmagine di copertina: Apple TV+