In “Disclaimer” niente è come sembra
Piccola postilla prima di iniziare: questa recensione si basa su tutti i sette episodi di “Disclaimer – La vita perfetta”.
La cosa da sapere sui disclaimer è che, quando dicono che una storia non è ispirata a eventi reali, con molta probabilità è l’esatto opposto: stanno solo mettendo le mani avanti, nella speranza che gli crediate. Il piccolo, misterioso romanzo attorno a cui ruota Disclaimer – La vita perfetta (su Apple TV+ dall’11 ottobre) non si prende invece nemmeno il disturbo di fingere: «Ogni somiglianza con persone vive o scomparse non è puramente casuale», specificano secche due righe sulla seconda pagina bianca, convincendo subito chi legge – come noi che guardiamo – che l’affascinante protagonista della storia ne sia in realtà anche la spregevole antagonista.
Stiamo parlando di Catherine Ravenscroft, londinese, giornalista stimatissima per i suoi documentari, con un gran senso dello stile e un marito di classe, Robert, che dirige con un certo profitto un’organizzazione umanitaria. Nel suo profilo l’unica sbavatura pare essere il figlio Nicholas, 25 anni e un lavoro come commesso nel reparto elettrodomestici di un grande magazzino, in attesa di imboccare una direzione di vita che non sembra troppo invogliato a cercare. Da lui Catherine viene respinta in continuazione, ma in modo abbastanza silenzioso da incentivare gli sguardi esterni a invidiare la sua vita.
L’equilibrio si sgretola però quando nella sua posta compare La perfetta sconosciuta, un libercolo sottile dal potenziale più che deflagrante. Perché il suo intreccio non è solo il racconto – discretamente scritto – di come l’incontro passionale tra una madre annoiata e un giovane turista abbia portato alla tragica morte di quest’ultimo durante una vacanza in Italia. Quell’intreccio è un tassello del passato di Catherine. Un segreto oscuro rimasto latente per vent’anni, che adesso è giunto fino a lei con un intento ben preciso: distruggerle famiglia e reputazione.
Quello che si apre da questa premessa è un thriller piuttosto ordinario (la fonte è l’omonimo romanzo del 2015 di Renée Knight). C’è una famiglia in apparenza perfetta che abita in una casa bellissima, c’è una morte di cui nessuno ha mai sospettato, e c’è una bionda che rischia di perdere tutto. Basta aprire il catalogo di un qualsiasi servizio streaming e troverete decine di riempitivi che offrono variazioni sul tema.

Solo che gli episodi (in totale 7 dalla durata variabile) sono scritti e diretti per intero da Alfonso Cuarón. Ci sono i pensieri ad alta voce di Y tu mamá también, il sole pallido e le onde basse ma impetuose di Roma, e quelle sue scene lunghe che s’insinuano nella vita intima dei protagonisti, li spiano invisibili mentre dormono, mangiano, spostano gatti invadenti dai banconi della cucina, affrettandosi a seguirli di stanza in stanza quando parte una discussione.
Solo che la bionda in affanno è Cate Blanchett (no, stavolta niente Nicole Kidman, benché resti regina indiscussa dei thriller televisivi), la quale ci ha ormai educati a porci il dubbio che l’eleganza dei suoi personaggi possa nascondere nevrotica follia. Lei che sta un gradino sopra anche quando è una sagoma nera dietro una porta. Lei che può tenere in piedi diversi minuti di racconto solo facendo parlare gli occhi blu da una fessura per imbucare lettere.
Solo che a un certo punto – molto presto, per piacere solo e soltanto nostro – spunta anche Kevin Kline. È Stephen Brigstocke un professore ingrigito dalla disperazione del lutto, la cui vita ha smesso di avanzare da un pezzo: il barbecue rimasto così com’era quando dall’Italia giunse la notizia della morte del figlio Jonathan (Louis Partridge); le marmellate della moglie Nancy (Lesley Manville) ancora chiuse dopo gli undici anni trascorsi dal culmine della malattia che se l’è portata via. Per lui quel piccolo romanzo è l’elemento chiave di un piano accuratamente studiato che può mettere a posto i conti con il passato. E ogni insidia piazzata nella vita di Catherine, dalla quale entra ed esce fingendosi un anziano gentile e smarrito, la festeggia mimandola soddisfatto come una bomba appena detonata. È detestabile, e disgustoso, eppure è da lui che viene il divertimento.
Il resto lo fa la bellezza. Non c’è un’immagine, in Disclaimer, che Cuarón non abbia curato come fosse un acquerello da fermarsi a contemplare. (Alla fotografia hanno collaborato Emmanuel Lubezki, accumulatore di premi Oscar, di cui uno vinto per Gravity proprio con Cuarón, e Bruno Delbonnel, nominato tra le altre cose per Il favoloso mondo di Amélie). Ogni passaggio da una linea temporale all’altra si apre e si chiude con un cerchio nero, le minuzie abbondano, come le sfumature piene ma plumbee. Mentre i caldi ricordi estivi italiani riportano a un paese che non sappiamo più guardare con amore.

Pare artificioso, forse. Anzi senz’altro lo è. Più volte nel corso di Disclaimer – specie nelle sue parti più nude e sessuali – il naso si storce per quanto paia affettata. Ma un senso c’è, e presto o tardi si inizia a coglierlo. È un costante avvertimento a tenere a mente che le storie sono sempre filtrate da uno sguardo e da un intento. E che spesso ammaliano il nostro istinto al giudizio e al cancellare, costruendoci la versione dei fatti che più incontra i nostri gusti morbosi.
Così facendo, Disclaimer manipola i suoi personaggi fino a mandarli in crisi. Con una sensibilità non certo nuova, Cuarón sa far emergere la solitudine e la ferocia con cui il femminile può entrare in modalità protettiva. E allo stesso modo sa cogliere la facilità con cui il maschile si rimpicciolisce non appena il bisogno di sentirsi unico e adorato viene negato. (Sasha Baron Cohen è il marito di Catherine, che s’attacca alla bottiglia davanti alla possibilità che ci sia stato qualcuno di meno noioso di lui).
Così facendo, Disclaimer manipola anche noi. La trama disegna traiettorie prevedibili, per poi sviare all’ultimo, proprio quando pensiamo di averla anticipata. Il che non la rende comunque il più innovativo, profondo, enigmatico dei thriller da teleschermo. Ma contribuisce parecchio ad alimentare una curiosità che fa stare lì attaccati, un episodio dopo l’altro, finché non si raggiunge la fine.
“Disclaimer – La vita perfetta” esce il’11 ottobre su Apple TV+ ed è composta da 7 episodi lunghi 44-57 minuti. I primi due sono disponibili da subito.
Guarda il trailerFoto di copertina: Apple TV+