La violenza sulle donne nelle serie tv del dopo #MeToo
Uno dei primi post di questo blog, e pure uno dei più letti, parlava di violenza sulle donne e di una manciata di serie tv molto apprezzabili sull’argomento. Era la fine del 2017, il caso Weinstein era appena scoppiato e il piccolo schermo non ne aveva ancora subito le conseguenze, epurazioni comprese.
Adesso che sono passati due anni, qualche piccolo cambiamento inizia però a notarsi. È successo soprattutto che la narrazione di molestie e violenze s’è fatta un po’ più consapevole (talvolta anche troppo e se ne avverte il timore). È successo che nei suoi racconti c’è un pizzico in meno di pedante moralismo, di attraente voyeurismo, di melodrammatici piagnistei. Ed è successo, infine, che le donne han smesso di essere soltanto prede da fiutare e vittime da salvare.
Qui sono raccolte cinque serie tv che hanno provato a cambiare passo, e lo hanno fatto in modo molto anticonvenzionale. Specialmente guardando al comico, alle contraddizioni umane dell’effetto #MeToo, e anche agli uomini che rispettano le donne.
#1 Unbelievable
Questa miniserie è diventata in poco tempo il racconto contro la violenza sulle donne per eccellenza. Perché ha riprodotto molto bene la storia vera – già raccontata in un articolo premiato con un Pulitzer – di un caso di stupri seriali avvenuto negli Stati Uniti una decina di anni fa. E perché nel farlo ha scelto una struttura narrativa piuttosto insolita per un thriller di questo tipo. Da un lato c’è infatti Marie, una diciottenne dall’esistenza travagliata che decide di ritrattare una denuncia per stupro a causa dello scetticismo dei poliziotti che l’hanno soccorsa, attirandosi tutto l’odio mediatico del caso. Dall’altro ci sono invece due donne detective che uniscono le proprie forze per indagare su altri casi simili di donne aggredite da uno sconosciuto in casa propria. Non ci sono eroismi né pornografia, però. Solo molta empatia. Per ribadire come non esistano vittime tipo e nemmeno una reazione standard al trauma; ma soprattutto come l’approccio psicologico faccia la differenza spesso più di qualsiasi rilevazione scientifica. Mentre l’attenzione allo stupratore, in genere esaltato per ingegno criminale, resta praticamente nulla.
Dove la guardarla: Netflix
#2 The Good Fight
Se parlare di molestie e violenze è cosa giusta, lo è altrettanto chiamare in causa un sistema nei cui automatismi siamo tutti più o meno consapevolmente immersi. Robert e Michelle King – due sempre molto lucidi nel raccontare delicate vicende reali attraverso le contraddizioni umane che scatenano – lo avevano già fatto più volte in The Good Wife, ma nello spin-off ci riescono anche meglio. Specie nell’episodio Quello a ispirato a recenti problemi (3×01), dove lo studio legale protagonista – sui cui pc spiccano adesivi pro Me Too, per intenderci – deve gestire una serie di accuse che coinvolgono il suo defunto fondatore, leggenda nella lotta per i diritti umani. Il battagliare tra delusione, dilemmi morali e interessi professionali si risolve (ironia!) ricorrendo all’amuleto della cultura del silenzio scoperchiata dal caso Weinstein: l’accordo di riservatezza. A dimostrazione che, quando l’argomento diventa personale, le posizioni radicali si assottigliano e la contraddizione è in agguato.
Dove guardarla: TIMvision
#3 YOU
Da una serie tv abbastanza trash difficilmente ci si aspetta una narrazione ammirevole della violenza sulle donne. Eppure, questo thriller psicologico riesce a rendere molto bene il meccanismo di attrazione e repulsione tipico delle relazioni abusive. Joe, il suo protagonista, è il classico libraio con la faccia pulita che farebbe felice ogni ragazza, non fosse surclassato da tipi meno riguardevoli. Ma nel corso della prima stagione sviluppa per la genuina Beck un’ossessione che si fa sempre più tossica. Così la incontra, la stalkera, la conquista, le fa il vuoto attorno e poi (SPOILER!) per non perderla la uccide. S’inizia quindi dalla sua parte (che sarà mai un po’ di innocente stalking via social!), per uscirne completamente asfissiati. E anche se nel mezzo ci s’imbatte in deviazioni di racconto improbabili, ci si sente invischiati nella stessa ragnatela che avvolge la vittima.
Dove guardarla: Netflix
#4 Tuca & Bertie
La versione cartoonesca delle recenti serie tv al femminile non si occupa solo di violenza sulle donne e non lo fa in un solo episodio. La vita del tucano istrionico Tuca e del pettirosso ansioso Bertie è un flusso continuo di disavventure, che vede le due eroine moderne subire e mettere in atto condotte sessuali inappropriate. Le varie sfumature dell’argomento – dal consenso alle molestie sul lavoro – formano quindi un insieme caotico di esperienze complicate, di cui prendere coscienza soltanto a posteriori, una volta analizzate da fuori. Un eccellente quadro della confusione post Me Too, dipinto alla maniera sensibile della squadra creativa di BoJack Horseman, che utilizza tutti i mezzi a sua disposizione per dar forma alla stranezza delle emozioni e dei comportamenti umani. Nel suo mondo allegorico, per dire, i seni hanno vita propria, giornate difficili e protestano a gran voce se fiutano molestie.
Dove guardarla: Netflix
#5 Sex Education e The End of the F***ing World
Qui il focus non è tanto la violenza sulle donne – anche se c’è e pure in varie forme – quanto il modello cui appartengono i due protagonisti maschili. James e Otis, adolescenti strambi, sedicente psicopatico l’uno e timido con l’ansia del sesso l’altro, che di episodio in episodio scoprono, stupendosene, di possedere il raro dono dell’empatia. Entrambi lo mettono al servizio di due coetanee non proprio facili, entrambi non pretendono (pur sperandolo) qualcosa in cambio, entrambi ascoltano sapendo farsi da parte quando necessario. E dire, ad esempio, che l’obiettivo iniziale di James è uccidere per la prima volta un’umana, mica supportarla. Tutto il contrario della parabola del Joe di YOU, insomma. E poiché l’argomento è anche e soprattutto una faccenda di solidità maschile (mentale, non fisica), si citino anche gli uomini che rispettano le donne.
Dove guardarle: Netflix
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