Recensioni

I Tonfi e Trionfi di Aprile 2018

Femminismo, integralismo e smania di esporsi al giudizio altrui. Le serie tv di aprile 2018 sono un po’ una fotografia dell’epoca attuale e si sono affidate alle svariate sfaccettature dell’espediente metaforico. Qualcuna ne ha restituito un’immagine sincera e brutale, altri un quadro folle ed edulcorato. Non tutti, però, sono riusciti nell’arduo compito di avvincere e convincere. Perché una buona struttura di intenti, spesso, non basta da sola a dar senso a un racconto.

Il meglio e il peggio delle serie tv di aprile 2018

Serie tv di aprile 2018-Westworld

Trionfo: Il risveglio di Westworld

L’esordio della seconda stagione è spesso il punto più critico per una serie molto seguita. Fonte di timore, prima ancora che di fervida attesa, per la possibilità che il racconto non confermi gli standard che ne hanno generato il successo. Regola non del tutto valida per Westworld. L’enorme progetto HBO era infatti sbocciato soltanto sulle ultime battute del capitolo iniziale, lasciando la speranza di un ritorno più entusiasmante. La recente ripartenza nella tv di aprile 2018 ha infatti mostrato di voler e saper espandere le possibilità narrative finora soltanto abbozzate dalla serie. Mentre il tumultuoso riaffiorare dei ricordi androidi si scontra con il delirio dell’onnipotenza umana, il treno di Westworld viaggia adesso spedito tra passato e presente, azione ed emozione, reale e fittizio, creando un vortice ingegnosamente stratificato. E provare a decifrarne i molteplici misteri risulta ora senz’altro più avvincente.

Tv di aprile 2018-Lost in Space

Tonfi: L’inconsistenza di Lost in Space

In una manciata di mesi, Netflix ha tentato di andare a segno affidandosi alla fantascienza. Chiusa la parentesi soporifera di Altered Carbon, ha dunque ripescato il cult anni Sessanta Lost in Space, rimodernandone l’aura epica e rileggendone le vicende in chiave attuale. Da entusiasta famiglia di patriottici pionieri spaziali, i Robinson sono diventati così colonizzatori in fuga dall’invivibile pianeta Terra, alla ricerca di un nuovo inizio. Peccato che nell’esplorare la natura delle relazioni umane e mostrare l’impatto con il “diverso” si annidi tanto la cifra del racconto quanto la sua debolezza. Preoccupato dall’alieno circostante, il gruppo ignora il rintanarsi del vero pericolo nell’usura dei rapporti, nelle ansie più comuni, nella perfidia velata di qualche proprio simile. Tuttavia, la serie non acuisce il messaggio, rimanendo sospesa a metà. Troppo bonaria per poter creare suspense e mai davvero profonda per poter definirsi vero family drama.

Tv di aprile 2018-Happy!

Trionfi: La surreale follia di Happy!

Piccolo avvertimento: in Happy! non c’è nulla di ordinario. Nella sua New York vige il caos più totale. C’è – per dire – un ex poliziotto dalla stazza di un Terminator e dalla vita dissoluta, che per compagno di avventure ha un unicorno blu di nome Happy, amico immaginario della figlia che non sa di avere. C’è poi uno spregevole Babbo Natale che rinchiude i bambini dentro grandi casse di legno per impedire che crescano. Ci sono, infine, una detective corrotta ma malleabile, qualche malavitoso imbranato, e un torturatore appassionato di beauty. Tutto e il contrario di tutto, insomma, nella black comedy che convince l’antieroico Christopher Meloni a salvare la piccola Hailey, innescando un’esplosione di violenza splatter e cinica tenerezza. Mix surreale, che conquista proprio per la travolgente follia della premessa. L’unico rammarico è il rilascio primaverile su Netflix, che stona un poco con l’atmosfera diversamente natalizia della serie.

Tv di aprile 2018-The Handmaid's Tale

 Trionfi: I nuovi orizzonti di The Handmaid’s Tale

Concesso un anno esatto per riprendersi dall’incubo della prima stagione, The Handmaid’s Tale è tornata a terrorizzare. Questa volta, però, partiva dallo svantaggio di non poter più seguire le pagine scritte da Margaret Atwood. I nuovi episodi sono comunque riusciti a recuperarne la forza disturbante, che si era affievolita sul finire del capitolo iniziale. Non riassestando tuttavia il filo narrativo principale – che sembra ormai destinato a ridursi alle sole passioni della protagonista June – bensì ampliando i propri orizzonti e facendo fiorire le storie di personaggi secondari ma assai interessanti. Come quella di Emily (un’inattesa Alexis Bledel), strappata dalle braccia della moglie e del figlio, ma vivacemente tenace di fronte alle peggiori sevizie. Scelta che ha consentito alla serie di mantenere elevata la qualità della distopia come brutale metafora delle assurdità del reale. Continuando, puntata dopo puntata, a estendere la lista di messaggi da inviare.

Tv di aprile 2018-Avicii: True Stories


SuperTrionfo: Il raro ritratto di Avicii: True Stories

La breve tragedia di Avicii si compone con precisione beffarda di tre atti. Il successo esploso in un attimo, il crollo psicofisico per stress e il tentativo di rinascita dopo il ritiro nel 2016, bruscamente stroncato da un probabile suicidio. Nel mezzo, le 813 serate tenute nel giro di otto anni, il cui conteggio vorticoso scandisce il racconto di Avicii: True Stories. Un testamento, più che un semplice documentario, che scoraggia ogni possibile luogo comune sull’ennesimo artista maledetto, rivelando un ritratto raro per i tempi che corrono. A osservare la vita di Tim Bergling, assuefatti dalla smania di fama ostentata, ci si stupisce quasi dell’umile senso di inadeguatezza, dell’ansia da timido osservatore in un mondo di estroversi, della paura divorante di vedersi esposto, della noncuranza per il denaro. Ma soprattutto, ci si sorprende di un rispetto tale per quanto ottenuto, da anteporre il dovere verso la macchina che lo ha fagocitato all’esigenza di dedicarsi alle proprie fragilità. Storia, ovvero, di come la dedizione abbia concesso al talentuoso Tim di diventare la leggenda Avicii, per poi portare Avicii a distruggere Tim. Ancor più toccante, se seguita con la consapevolezza del mancato lieto fine.

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