‘Trapped’ mostra il volto fosco della placida Islanda
Siglufjörður (ostico leggerlo, figurarsi pronunciarlo) è una di quelle pittoresche cittadine che si ammirano sulle guide nordiche. Pochi abitanti e criminalità rasente lo zero. Tanto che gli unici tre agenti della polizia locale si concedono qualche giocata al pc tra un caso di sosta vietata e l’altro. Basta però un ritrovamento raccapricciante e qualche nuovo sbarco in città a risvegliare i fantasmi del passato, dai quali una tormenta rende impossibile fuggire.
Orgoglio islandese, Trapped non è la prima serie a tingere di rosso il candore della neve, eppure ha un fascino tutto particolare. Sarà per la natura sconfinata e inquieta, oppure per le musiche emozionali di Jóhann Jóhannsson (pluripremiato per La Teoria del Tutto). Il suo mistero è il ritratto dei mali che non risparmiano neppure gli angoli più remoti della terra e della claustrofobia che dà origine al caos dell’animo umano.
Com’è Trapped
La serie in breve: Il titolo originale, Ófærð, significa pressappoco “invalicabile”. Difficile figurarsene l’entità, però, se non si vive ai piedi del circolo polare artico, dove le tempeste di neve offuscano la visuale e paralizzano ogni possibile via di uscita. Per la distribuzione internazionale di questo thriller islandese – il più costoso finora prodotto in patria – si è preferito dunque ripiegare sul più evocativo Trapped, che rende piuttosto bene l’idea di un racconto in cui la furia atmosferica non lascia scampo a nessuno. Né, cioè, all’omicida che ha mutilato il corpo della sua vittima sperando che il mare lo inghiottisse, né tantomeno ai pochi abitanti di un isolato villaggio di pescatori, ora costretti a venire a patti con i propri segreti. Nell’impossibilità della fuga, tutti – compreso un gruppo di turisti appena sbarcato – devono convivere guardandosi le spalle gli uni dagli altri, mentre un taciturno poliziotto tenta di far luce sull’accaduto.
Perché guardarla: Il regista e creatore Baltasar Kormákur l’ha definita con molta ragione “un mix di noir nordico e Agatha Christie”. Come in una sorta di Assassinio sull’Orient Express torbido e glaciale, l’ambiente circoscritto rivela infatti gli scheletri più o meno ingombranti nascosti nell’armadio di ciascun personaggio, facendone un potenziale colpevole e ramificando le indagini dal solo omicidio a questioni ben più aberranti (come un’insospettabile tratta di ragazzine destinate alla prostituzione). L’attenzione resta alta nel lento dipanarsi del mistero, anche grazie alla scaltrezza del cliffhanger a fine episodio. Trapped, insomma, non rinnova il genere, ma riesce a distinguersi come puzzle dagli incastri lineari, che colloca ogni tessera al posto giusto. Specie in fatto di suspense, qui intensificata dal fattore paesaggistico, che vale da sé la visione e si fa metafora del meccanismo dell’animo umano. Tanto quieto nel suo ordinario esistere, quanto irruento nel cedere alla prima crepa.
Dove guardarla: su TIMvision (qui il trailer)
Tempo richiesto: 10 episodi da quasi 50 minuti, per un totale di circa 8 ore
L’episodio migliore: 5. La natura si fa ancor più irrequieta e un ulteriore livello claustrofobico si aggiunge al racconto, aumentando la suspense di una corsa contro il tempo.