“Sex Education” si è fermata in tempo
Piccola postilla prima di iniziare: questa recensione si basa su tutti gli otto episodi di “Sex Education 4”.
Secondo una legge alquanto priva di fondamento scientifico, quando una serie si riaffaccia in tv con episodi più lunghi ci si dovrebbe preoccupare. Spesso, quel minutaggio aggiuntivo si genera dalla confusione, dall’urgenza di dire tante cose senza sapere come scremarle, in che modo dirle, con quale priorità ordinarle. Così si finisce per infilarle tutte nel racconto, e a rimetterci è il senso della direzione.
Ebbene, è successo che la quarta e ultima stagione di Sex Education si è presentata su Netflix con quel minutaggio in più. Non molto, a dover essere onesti – anche se il finale in formato film esaspera la percezione. Ma quanto bastava per trasformare la serie genuina e intelligente che era in una frustrante lista di argomenti smaniosa (o preoccupata) di non scontentare nessuno.
È successo che, dopo aver lanciato le carriere di diversi suoi giovani interpreti, quelli rimasti – non perché meno famosi, ma per garbato gesto di riconoscenza – hanno concesso un ultimo giro nelle vesti multicolore e molto anni Ottanta dei rispettivi liceali incasinati. Per colmare le assenze, Sex Education ha optato per il consumato espediente del cambio di scuola. E allora addio cara vecchia Moordale, culla per niente dignitosa di goffi bullismi e infenzioni genitali, e benvenuta Cavendish College, spazio luminoso dove consapevolezza e rispetto reciproco aleggiano felici. Nel contesto con cui Otis (Asa Butterfield) e compagni si trovano a interagire, non c’è discriminazione, ingombranti tablet di legno dettano organizzazione, riciclare è d’obbligo e a spettegolare si paga pegno. E per qualsiasi problema sessuale c’è una terapeuta studentesca ben più professionale.
Ma l’idillio, lascia intuire la serie, è in gran parte forzata apparenza. E ai nostri prodi, forti del disagio in cui sono cresciuti, tocca ingegnarsi per smascherarlo, far emergere l’insoddisfazione, diffondere il verbo che, se Tizia predica inclusione ma ha un passato da bulla e dai denti bianchissimi di Caio si propagano fumi d’aglio, viene piuttosto naturale dirlo all’orecchio di qualcuno. Siamo diversi, siamo imperfetti, è il messaggio che striscia sotto. Soffocare ogni nostro istinto per paura di ferire l’altro o sembrare cattivi non è funzionale. L’importante è tenere traccia dei nostri inciampi, per poi avere a mente come riparare.
Epperò, è successo che Sex Education ha imboccato la strada esattamente contraria. Timorosa di non risultare sufficientemente inclusiva, ha rimpolpato il suo già affollato campionario di personaggi reclutando nuovi volti per ogni categoria – di identità, razza, taglia, disabilità – rimasta vuota. Spaventata all’idea di mostrare lacune, ha poi assegnato a ognuno un tema di cui farsi portatore: disparità economica, violenza di genere, prevenzione, asessualità, bisessualità, abilismo, la difficile convivenza tra fede e libertà sessuale, e pure un racconto di transizione di genere reso sofferto dall’inadeguatezza del sistema sanitario. Investiti di responsabilità da servizio pubblico, i ragazzi di Sex Education praticano ora l’arte del consenso fino a portarla all’esasperazione. Ma soprattutto, si confortano, sostengono, scusano per le idiozie commesse con ispirati monologhi in perfetto psicologese.
Fortuna che c’è la componente adulta, a ricordarci quale fosse il bello della serie. Per quanto anch’essa costretta a personificare problemi (dalla depressione post-partum alla disfuzione erettile), lei sì che può ancora concedersi di infilarsi in giganteschi casini con un’imbranataggine ingenua e davvero adolescenziale. Quel che rendeva Sex Education una gioia da vedere, infatti, era la tenera autenticità con cui mostrava il rincitrullirsi – imbarazzante e per questo divertente – di qualsiasi umano nel dover maneggiare relazioni. Gli episodi ne conservano ancora qualche traccia, quando i vecchi interpreti sono liberi di abbandonarsi alle stranezze tragicomiche prodotte dalla loro chimica fenomenale.
Tutto il resto è un affannarsi a chiudere cerchi nella maniera più perfetta possibile. Un correre da un argomento all’altro che rende l’addio finale meno doloroso. Perché, nel voler rappresentare tutto e tutti, Sex Education ha creato un affollamento che soffoca la complessità ai suoi personaggi straordinari. E ha ridotto le loro storie a una semplice casellina da spuntare.
“Sex Education 4” è disponibile su Netflix ed è composta da 8 episodi lunghi 51-85 minuti.
Guarda il trailerImmagine di copertina: Netflix