I Tonfi e Trionfi di giugno 2019
Il meglio e il peggio delle serie tv di giugno 2019 è la prova più concreta che a pensare che tutto sia dovuto si rischia di fare un tonfo bello grosso. Lo sa bene un titolo di molto prestigio caduto malamente per colpa della troppa boria di un regista di peso concessosi al piccolo schermo.
Fortuna che a porsi lo scrupolo sulla propria utilità e sull’impiego dei propri mezzi qualcuno (o qualcosa) ancora c’è. Come il racconto al femminile che non sarebbe dovuto tornare e invece ha trasformato la futilità in opportunità. O ancora quello che, conscio del proprio labirinto provocante nausea, ha fatto ordine per soddisfare gli spazientiti. Un altro, infine, avrebbe potuto accontentarsi della portata della sua ricostruzione storica, e invece ha lavorato con tale pignoleria da farsi credere un documentario. Il cui genere, peraltro, ha spiccato in questo mese grazie a un dietro le quinte diventato elogio al lavoro.
Il meglio e il peggio delle serie tv di giugno 2019

Trionfi: Il ritorno superfluo di Big Little Lies

Tornando tutta fiera sui teleschermi (qui la recensione completa), la serie HBO ha confermato il dubbio sull’inutilità di un secondo capitolo. Non però il timore di vederla rovinata dalle forzature e oscurata dalla venuta di quella certa Meryl. La cui versione di suocera passivo-aggressiva, al contrario, ha ispessito il filo del thriller e spinto le “Monterey Five” verso nuove bugie, isterie, ansie materne, bisticci sottili, turbe psicologiche e altri impeti molto umani che ne macchiano le vite perfette. Il che, mutando al ritmo delle onde oceaniche e delle melodie molto cool, continua a essere la ragione del morboso piacere del guardarla.

Trionfi: Il bell’inganno di Chernobyl

Per via di qualche plateale esagerazione, Chernobyl è diventata documentario prima e miglior serie tv di sempre poi. Entrambe convinzioni non vere, naturalmente (il perché lo trovate qui). Ma è quel che accade quando la storia – pur romanzata – viene ricostruita senza lesinare sui particolari, interpretata con intensità e riproposta quando il confronto con il presente non potrebbe esser più vivido. Così doppia è tanto la valenza del racconto quanto la potenza con cui si fa percepire. Le sbavature si colgono meno, quindi, e la distanza dalla realtà dei fatti di assorbe silenziosamente.

Trionfi: L’ordine ritrovato di Dark

Se la trama ordita da una serie fa girare la testa al punto da richiedere un riepilogo molto lungo e un sito apposito con tanto di alberi genealogici, si capirà bene il tormento di dover vederne una seconda stagione. Invece il drama tedesco dei viaggi spazio-temporali è tornato più ordinato e consapevole di prima, riuscendo a distrarre con la suspense l’esasperazione per incomprensibilità. Così bene, peraltro, da scacciare i semplicistici paragoni con Stranger Things e farsi rimirare come l’esperimento sovrannaturale europeo più ambizioso e forse meglio riuscito.

SuperTrionfo: Il pregio di Game of Thrones: The Last Watch

Chi dice che Game of Thrones: The Last Watch sia il vero e più appagante finale che la serie meritava non ha probabilmente tutti i torti. Di certo, il documentario HBO sul dietro le quinte della produzione non è soltanto un omaggio al colossal, bensì un elogio al lavoro. Perché questo racconto rende merito alla dedizione, alla costanza, ai sacrifici e alla fatica silenziosi di ogni grande o piccola figura, dal regista stressato alla paninara intraprendente. Ed è approfondimento che molti più titoli dovrebbero concedersi, anche solo per far arrossire i viziati firmatari di petizioni per capricciosa insoddisfazione.

SuperTonfo: La boria di Too Old To Die Young

I seriofili ormai lo sanno, dai registi sofisticati che si concedono alla tv convinti di farle il favore di poter credersi cinema conviene diffidare. Talvolta si tratta di un buon pretesto per rifilare allo schermo cenerentolo film estenuanti che per narcisismo non hanno voluto tagliare. Perciò, mentre si ammira quel museo stilistico blu elettrico dai ronzii al neon che è il thriller cattivo di Nicolas Winding Refn (su Amazon Prime Video), non si riesce ad abbandonare l’idea di star assistendo a un’enorme ed egoriferita presa in giro. Perché un’estetica conturbante e violenta, dalla scrittura taciturna e dalle movenze iper-rallentate l’aveva già sperimentata True Detective. In molto meno tempo e senza anestetizzare il pathos.

La rimandata del mese: Black Mirror
Dalle ironie leggere e dai finali relativamente lieti la serie delle distopie tecnologiche si è sempre guardata bene. Per questo il suo ritorno con tre episodi abbastanza semplici, fermi al presente e dalla morale meno oscura del solito hanno spiazzato non poco. Le storie dei due amici donnaioli ma amanti virtuali, del tassista sequestratore per disperazione social e della Hannah Montana sfruttata dalla macchina del successo non sono male. C’è solo da capire se la clemenza sia dovuta a infiacchimento oppure al rifiuto di competere con una realtà ben più brutale.
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