I Tonfi e Trionfi di aprile 2019
La sola aura del fuoriclasse non sempre può salvare da un sonoro tonfo. Tra le serie tv di aprile 2019 è accaduto così che un’attrice dalla sofferenza mostruosamente tangibile non sia riuscita a strappare un horror dall’inconsistenza; che altri due colleghi impegnati non abbiano potuto colmare le leggerezze di una serie graziosamente vintage; e che un buon cast non abbia trattenuto una fiction dallo sprecare il suo intento nobile.
Di contro, però, è successo anche che due talentosi di poca esperienza siano riusciti a infilare in una confezione microscopica e un po’ frivola racconti deliziosi; e che una sceneggiatrice sia riuscita a non tradire l’eredità diversamente femminista di un’altra sceneggiatrice. Prodezze, forse, che sarebbero valse un supertrionfo, se solo qualcuno non avesse spremuto gli ultimi litri di talento dal suo esercito di fuoriclasse.
Il meglio e il peggio delle serie tv di aprile 2019
Trionfi: Le micro-comedy di Netflix
Forse un giorno qualcuno potrà spiegarci perché – nel suo delirio acchiappa-teenager – Netflix si sia scordato di lanciare con un po’ più di enfasi due comedy assai sfiziose. Dietro le disavventure frivole di Special (storia delle ambizioni di vita di un ventottenne gay con una lieve paralisi cerebrale) e Bonding (storia di un’aspirante psichiatra e dell’amico aspirante comico prestati al mondo del sadomaso), c’è infatti un concentrato di serie ansie tipicamente millennial. E il vero pregio è la prodezza del raccontarle in micro-episodi da un quarto d’ora.
Tonfi: L’Aquila – Grandi speranze
Delle grandi (e giustissime) speranze riservate alla ricostruzione dell’Aquila, Rai Fiction avrebbe potuto conservare una dose per i propri contenuti. Per i propri personaggi, anzi. Molti dei quali continuano a trasudare una monodimensionalità tale svilire anche l’intento più nobile, causando sonnolenze resistenti pure a un principio di giallo. E dire che tra le rovine silenziose lasciate dal terremoto e con un ensemble tutto sommato valido, Stefano Grasso e Marco Risi avrebbero potuto osare di più. Se non altro, il servizio pubblico ha imparato a non vendere più per sontuosi racconti dimenticabili.
Trionfi: Killing Eve
Le si era lasciate follemente disturbate, e a giudicare dai nuovi episodi tali sono rimaste nonostante il cambio di penna. La spia maldestra Eve e la killer psicopatica Villanelle stanno ancora dandosi la caccia in giro per l’Europa, l’una fermandosi ogni tanto a piangere nella vasca e l’altra derubando sfortunati bambini del loro pigiama spaziale. Con la scusa dell’instabilità mentale (e dello sbalzo ormonale) fanno e disfano in continuazione. Sono donne, insomma. E strappano finalmente lo spy thriller al versante esclusivamente serioso.
Tonfi: Fosse/Verdon
Nella scala che dai tonfi porta ai trionfi, la miniserie sul legame tra Bob Fosse e Gwen Verdon ha mancato l’ultimo gradino d’accesso ai secondi. Perché nella lunga storia d’amore – tossica eppure indistruttibile – tra il coreografo-regista di cosucce come Chicago e Cabaret e la stella luminosissima di Broadway, ci sono il fascino della vecchia Hollywood, il fervore del musical e pure interpreti da Oscar. Peccato solo per quel dare per scontata la ragione dell’aura leggendaria della coppia, che nel mescolarsi di flashback sconnessi scoraggia parecchio chi prima non è passato almeno da Wikipedia.
SuperTrionfo: Il Trono di Spade
Il capitolo finale del gioco del Trono è iniziato con un paio di puntate finemente calibrate per scatenare nostalgiche ansie in vista della prima, maestosa ora e mezza di sola battaglia. Prodigiosa in ogni sua componente, anche nel confronto con il grande schermo. Chi si lamenta (del buio, del fan service, di inezie varie ed eventuali) per far arieggiare le ugole o testare la tastiera merita una vita a guardare le avventure ginecologiche della Dottoressa Giò.
SuperTonfo: Chambers
Cosa sia davvero Chambers è fatto arduo da capire. La nuova serie Netflix annovera un’adolescente abbastanza sfortunata (prima volta + infarto + trapianto di cuore + visioni raccapriccianti), uno scontro di classe e di razze (modesti ma felici nativi americani vs ricchi bianchi dalla tendenza spiritualista), misteri di famiglia e una morte su cui indagare. Nell’identità confusa tra paranormale, turbolenze liceali e drammi famigliari, c’è poi anche grande spreco della disperazione magnetica di Uma Thurman. Cosicché l’horror fa tutto fuorché paura.
La rimandata del mese: Il molo rosso
Non è che Il molo rosso sia una serie tv brutta. È che purtroppo cede ancora a qualche vecchio vizio della fiction mediterranea. Questo thriller procura infatti una sottile risata per ciascun marcato sospiro o voyeurismo da telenovela. Prendere quindi sul serio il mistero del suicidio (?) di Óscar – marito devotissimo alla moglie in carriera e cameraman poco furbo di coiti e scampagnate della sua seconda vita con l’amante hippie – diventa quindi un po’ più difficile. Ma Álex Pina (lo stesso della Casa di Carta) è sempre sufficientemente abile nel rimescolare intrecci e segreti. Tanto che ci si ferma comunque per capire come la faccenda vada a finire.
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