‘Normal People’ è perfetta
A garanzia di essere davvero così detestabile come la sua famiglia tiene a ribadirle, Marianne (Daisy Edgar-Jones) mette molta lena affinché anche i coetanei la considerino tale. Alle sue risposte non c’è diritto di replica. E non c’è nemmeno un sottile atto di derisione che riesca in apparenza a scalfirne l’altezzosa compostezza. Connell (Paul Mescal) invece è l’esatto contrario. Lui delle sue insicurezze non cerca conferma. Perciò le colma con cucchiaiate di popolarità, benché la cosa gli costi fingere che gli ottimi voti gli capitino per caso (non per dedizione) e che il sesso occasionale non gli procuri ansia e nausea anziché brividi e piacere.
Marianne e Connell sono lontani, ma in realtà si conoscono. La scrittrice irlandese Sally Rooney, li ha fatti incontrare ben prima della pagina numero uno di Normal People, prendendo uno dei più classici espedienti narrativi romantici e rimescolandone un po’ le dinamiche. La madre di lui, il popolare, è la domestica della madre di lei, la stramba della scuola; e quando più o meno ogni giorno lui va a prenderla e aspetta che finisca, si intrattiene con lei in conversazioni frenate che vanno dai voti di francese a Marx.
Normal People segue l’evolversi del loro legame dagli anni del liceo in una cittadina immaginaria della contea di Sligo a quelli universitari al Trinity College di Dublino. Nulla di particolarmente sensazionale accade. Connell e Marianne sono l’uno l’elemento tranquillizzante dell’altra. Ma secondo potere dell’incomprensione e delle paure si prendono, si mollano, poi si riprendono e si rimollano per una sequela indefinita di volte. I facilmente annoiabili dicono per questo che Normal People non ha niente di speciale (forse si son scordati di leggere il titolo). Gli entusiasti – e cioè una percentuale schiacciante di lettori – lo definiscono un prodigio letterario, uno di quei libri che hanno già un posto segnato tra i classici del futuro.
Non serve però essere schierati da una parte o dall’altra per riconoscere che il suo adattamento televisivo (appena arrivato in Italia su Starzplay) sia fatto di una sostanza assuefacente.
La stessa Sally Rooney e Alice Birch (già nella squadra creativa di Succession) hanno tradotto quasi parola per parola il romanzo, che tuttavia ha già un po’ le sembianze di una sceneggiatura. Lo stile di Rooney è freddo, distaccato, tagliente: non ci sono orpelli – nemmeno una virgoletta – e quel che accade dentro i due protagonisti è sezionato in maniera chirurgica. Il che è inusuale, per una storia sentimentale. È come se Rooney, millennial ventinovenne che racconta noi millennial, riflettesse la disillusione generazionale rispetto alle storie romantiche che ci hanno cresciuti convinti di poter (e dover) aspirare a ideali alquanto irraggiungibili.
In realtà proprio Connell e Marianne appartengono a un’ideale irraggiungibile. Sono di un’imperfezione fisica che genera bellezza, di un’intelligenza brillante e sembrano quasi sospesi in un tempo antico e indefinito. A renderli umani, è soprattutto la regia della trasposizione televisiva, che indugia sul loro smarrimento molto attuale.
Lenny Abrahamson e Hettie Macdonald hanno riscaldato la scrittura di Rooney con inquadrature strettissime sulle nevrosi corporee degli straordinari Paul Mescal e Daisy Edgar-Jones. Gli occhi di lei che fingono le vada bene tenere tutto nascosto per vergogna dei compagni; il rossore di lui che la ritrova sbocciata, sicura e popolare qualche tempo dopo; la bocca di lei mentre passivo-aggressiva e masochista testa gli altri e se stessa; le dita di lui che si scarnificano nervose per la rabbia o l’imbarazzo. E poi ci sono i corpi di entrambi: si intrecciano nudi, incerti, sospiranti, controllati e poi incontrollabili, in letti minuscoli e stanzette disordinate da cui la luce filtra scolpendoli di chiaroscuro. Anche il sesso in questa serie è autentico, intelligente e mai esibito.
Connell e Marianne sono la persona di fronte alla quale non hanno bisogno di essere qualcun altro. Per crescere, evolvere, scoprirsi e trovare un posto nel mondo hanno bisogno della reciproca presenza. Normal People li segue mentre instancabili cedono sempre a un qualche meccanismo che li riporta l’uno dall’altra; a cercare una spiegazione a tutte le cicatrici che a vicenda si procurano e portano dietro fin dall’adolescenza.
Visti tutti gli episodi – che sono 12 mezz’ore intense e inseparabili – ci sente appagati, affannati, fiduciosi, smarriti e soprattutto malinconici. Connell e Marianne sembrano contenere dentro di sé un pezzetto magnetico che completa l’identità dell’altro. In questo sono assolutamente comuni. Quel che li rende speciali e irraggiungibili è la naturale tenacia con cui riescono sempre a tornare a cercarlo, quel pezzetto.