La non classifica delle migliori serie tv del 2021
Sì, il 2021 si è chiuso da poco e non è già più tempo di scorrere quei lunghi listoni che passano in rassegna le migliori e peggiori serie tv dell’anno. Ma chi legge Tellyst sa bene che, per stilare la propria, di lista, questo blog aspetta sempre che il calendario televisivo si sia esaurito del tutto. Capita quasi sempre, infatti, che all’ultimo arrivi qualche titolo meritevole di infilarcisi dentro.
La formula è sempre quella della non classifica: ci sono tante piccole liste, che man mano (almeno negli intenti non procrastinatori), vengono riempite con le serie tv più belle, quelle più strane, quelle sorprendenti, quelle divertenti, quelle detestabili, quelle non viste, le perdite di tempo, e via dicendo.
L’elenco è bello lungo, si avvisa. E nel caso non abbiate tempo e voglia di scorrerlo tutto, basti sapere che le serie tv migliori del 2021 sono riuscite a trattare temi importanti con uno stile originale, mentre quelle peggiori hanno sprecato idee potenzialmente ottime. Con il punto più alto raggiunto da una serie minuscola che ci ha devastato le emozioni e quello più basso segnato da una commedia che aveva promesso di farci ridere, aveva. Il fatto insolito, però, è che per la prima volta entrambe sono italiane. Le trovate in fondo in fondo, se preferite partire da lì.
Le migliori e le peggiori serie tv del 2021
Le strane avventure di una sera
Losing Alice (Apple TV Plus)
Otto ore in balia delle paranoie di una regista in crisi di mezza età, che prima sviluppa un’ossessione per la sceneggiatrice del film erotico che dovrebbe rilanciare la sua carriera, poi si convince che sia una conturbante assassina intenzionata a rubarle il marito, protagonista del film in questione. Capire cosa sia reale e cosa proiezione della sua mente diventa abbastanza complicato, perciò si finisce per arrendersi e assecondarla a priori. Intrigante, però.
Foodie Love (RaiPlay)
Un ibrido tra Tinder, un viaggio gastronomico e la celebre teoria di Zerocalcare per cui le cose che mangiamo (o non sappiamo se mangiare) sono il riflesso delle nostre turbe esistenziali. Quelle dei due protagonisti sono piuttosto sfiacanti. Il problema è che masticano benissimo, e perciò si resta lì, ad assaporare mentalmente sapidità, acidità, croccandezza di quel che trangugiano. Anche dei gelati che gli vende Luciana Littizzetto.
Dietro i suoi occhi (Netflix)
Gli altri thriller britannici si prendono sul serio. Questo no. Fatto credere di essere una consumata storia di triangoli d’amore e segreti pericolosi, all’improvviso infila una sfilza di fantasiose svolte paranormali. Il che fa arrabbiare seriosi (forse ignari sia tratta da un libro sulla cui copertina campeggia un bel #WTFthatending), ma se preso con il giusto spirito è uno spasso.
Only Murders in the Building (Disney Plus)
Ci sono due famosi comici settantenni e una giovane dai molti talenti idolatrata da Instagram, che si aggirano per un signorile condominio newyorkese, in cerca di indizi risolutori di un delitto e monetizzabili con la produzione di un podcast true crime. Per rendere il tutto ancora più assurdo, la resa è parecchio confortevole.
Squid Game (Netflix)
La lotta di classe, spiegata con una sfilza di giochi per bambini rivisitati in versione sadica e letale. Un po’ ci si raccapriccia, ma s’imparano un sacco di cose per stravincere al tiro alla fune.
Guida astrologica per cuori infranti (Netflix)
Per i prossimi appuntamenti, ricordate solo che i Gemelli faticano a mantenere promesse (troppe personalità da mettere d’accordo); gli uomini della Vergine hanno la stessa pignoleria di molti assassini; e il Toro, beh, è meglio considerarlo solo «se avete avuto un incidente devastante che vi impedisce di muovervi o pensare. D’altra parte, indovinate di che segno era Hitler?». Ah, manca ancora la seconda parte di affinità astrali.
Le perdite di tempo
Tutta colpa di Freud (Prime Video)
Il Freud investigatore cocainomane a caccia di esoterismi in territorio austriaco passa questo spazio al Freud pretesto per srotolare la solita, piatta commedia all’italiana. Il principio non cambia: di psicanilitico non c’è niente. Se non la terapia che urge per la continua sofferenza nel vedere dignitose idee televisive italiane sciogliersi nell’inconsistenza.
Zero (Netflix)
La prova che non importa quante grandi serie tv americane la nuova generazione di sceneggiatori italiani abbia visto, nel suo codice genetico persistono i più sciatti stilemi della fiction generalista.
Y. L’ultimo uomo (Disney Plus)
Non si sa se abbia perso più tempo chi l’ha vista o chi per vent’anni ha cercato la formula più adatta a creare uno dei più fallimentari adattamenti televisivi di un fumetto.
And Just Like That… (Sky Serie e Now TV)
E in un attimo (che poi sono vent’anni) la serie tv che ha portato un nuovo femminismo in tv si è trovata schiacciata dagli integralismi di quello stesso femminismo. Non avesse tentato di colmare tutte le lacune attribuitele, sarebbe sembrata meno a disagio.
The Book of Boba Fett (Disney Plus)
Per quel che non si è visto nel primo episodio, almeno.
Quelle che non sembrava, e invece…
The Investigation (Sky Atlantic HD e Now TV)
Di solito, le ricostruzioni televisive di omicidi sensazionali non possono prescindere dal ruotare attorno ai loro eccentrici assassini. Ma qui c’è gran lavoro sulle emozioni e sul senso di impotenza di investigatori e famigliari della vittima, che ripaga assai l’azzardo.
Sky Rojo (Netflix)
Pareva una baraonda molto kitsch di criminali ridicoli, microabiti laceri, inseguimenti polverosi, e imitazioni povere dello splatter tarantinano. E lo è davvero. Va’ a sapere come mai si stia lì incollati a vederla…
Speravo de morì prima (Sky Atlantic HD e Now TV)
Perché da una serie tv su Francesco Totti, basata su un libro co-scritto da Francesco Totti, e sponsorizzata da Francesco Totti, ci si aspettava un’agiografia di Francesco Totti. Invece ne è uscita un’onestissima e ironica autocritica su come si reagisce alla paura di non avere più uno scopo nella vita.
Run the World (Starzplay) e Harlem (Prime Video)
Due copie afroamericane di Sex and the City, che a loro volta sono le copie l’una dell’altra. Eppure allettano la voglia di cliccare sull’episodio successivo.
Generazione 56K (Netflix)
Sarà il titolo, che rievoca i ronzii di quando s’impiegava più tempo a connettersi a internet, che a navigare sui suoi siti rudimentali. Sarà che anche quest’anno non si aveva voglia di storie brutte e difficili. Sarà che i The Jackal sono sempre piuttosto bravi a fabbricare storie piccole e leggere di memoria condivisa.
La casa di carta 5 (Netflix)
Sì, anche quest’anno aveva un posto già prenotato tra le serie non piaciute. E sì, spostarla qui un po’ è costato. Ma sarebbe disonesto non riconoscere come sia riuscita far valere la sua formula generalista nell’era dello streaming. Peraltro, mantenendola coerente fino alla fine.
Una storia chiamata Gomorra (Sky Atlantic HD e Now TV)
Doveva essere un riempitivo, ma si è rivelata il testamento della più grande serie tv italiana. Se qualche sceneggiatore si degnasse di studiarlo…
Quelle lasciate a metà. Ok, solo qualcuna di quelle lasciate a metà
Leonardo (RaiPlay)
Era la copia esatta di I Medici, è un po’ come averla vista tutta.
The Girlfriend Experience 3 (Starzplay)
Algida, lo è sempre stata. Ma non a un punto tale da rafferddare anche la voglia di vederla.
I Hate Suzie (Sky Atlantic HD e Now TV)
Non si sa bene il perché. Ricordava Fleabag.
Halston (Netflix)
Lo stile pomposo di Ryan Murphy sta diventando un problema.
Le migliori, davvero
Wandavision (Disney Plus)
Perché ha avuto l’ardire di interrompere il digiuno – causa pandemia – degli appassionati Marvel, proponendogli un collage di vecchie sitcom quasi privo di azione supereroica. Perché ha spulciato, osservato, assemblato dettagli con una cura tale da sembrare lei stessa una vecchia sitcom, e non uno di quegli scimmiottamenti leziosi che spesso altre serie si sono concesse. E perché ha trovato la formula perfetta per rendere attuale la tv rétro.
The Underground Railroad (Prime Video)
Un insieme di quadri in movimento tratteggiati da Barry Jenkins, bravissimo a rendere la violenza razziale un’esperienza sensoriale esteticamente impeccabile e mai gratuita.
Omicidio a Easttown (Sky Atlantic HD e Now TV)
Non tanto per il mistero al centro della storia, che sonnecchia per una buona parte di episodi e poi si ricorda di dare fondo a tutte le svolte previste. Quanto per i personaggi provinciali, mediocri, mal vestiti, sofferenti, eppure sottilmente ironici che gli ruotano attorno. Dovesse scegliere di tornare in tv, non ci lamenteremmo.
The Flight Attendant (Sky Serie e Now TV)
Un vorticoso intrigo internazionale, con una protagonista che più s’impegna a non essere la nuova Amanda Knox, più fabbrica prove che convincono della sua colpevolezza. Mentre Kaley Cuoco convince quanto fosse sprecata in The Big Bang Theory.
Reservation Dogs (Disney Plus)
I presupposti (prima serie girata interamente in Oklhaoma, scritta e diretta interamente da nativi americani, con attori quasi interamente nativi americani) avevano rischiato di affibbiarle una di quelle etichette di eccezionalità che tanto piacciono ai fanatici dell’inclusione, benché siano comunque discriminatorie. Invece Taika Watiti ha usato questa serie per mostrare come l’adolescenza non sia etichettabile: è brutta, volubile, incerta ovunque, si viva in una riserva indiana o in un agiato quartiere newyorkese. Spilla d’onore per il mentore televisivo più inutile dell’anno.
The White Lotus (Sky Atlantic HD e Now TV)
Non fosse arrivato un certo fumettista romano a surclassarla, sarebbe stata la migliore tra le migliori serie tv del 2021. La versione sofisticata di un reality fatto e finito, dove la lotta di classe ha la forma degli ananas sui tendaggi, degli ideali impugnati per noia e convenienza, e dell’illusione che le gerarchie sociali siano una condizione sovvertibile. È un ribollire di snobismi, vizi, crisi, nevrosi che ci si vorrebbe godere all’infinito.
Sex Education 3 (Netflix)
Sempre la solita, tenera, confusionaria messa in scena di come sesso e relazioni facciano regredire chiunque a un incerto adolescente.
Maid (Netflix)
Facile prendere una storia vera di violenza di genere, calcare la mano sull’abuso fisico, amplificare la drammaticità, e dividere i personaggi in vittime e mostri. Più difficile, invece, spostare lo sguardo sull’apparente inconsistenza dell’abuso psicologico, inserire uno strato di ironia, mostrare la complessità umana di abusati e abusanti. Perché il punto non è impressionare il pubblico, ma fare in modo che resti a guardare l’intreccio di dinamiche che alimentano una relazione disfunzionale, rendendogli complicata la tentazione di distribuire giudizi affrettati. Non per giustificare, ma perché comprendere la violenza è un primo passo per imparare a constrastarla.
Feel Good 2 (Netflix)
Le dipendenze della comica Mae Martin non hanno raggiunto la strategica classifica delle serie tv più viste su Netflix nel 2021, ma di certo sono una delle cose migliori e più preziose che si trovino sul suo catalogo.
Succession 3 (Sky Atlantic HD e Now TV)
Niente sorprese: è ancora la cosa più raffinata che al momento circoli in tv. Una specie di Gomorra per ricchi, dove la lealtà dura il tempo di vendersi al miglior offerente, i personaggi creano aspettative e poi le disattendono, e c’è una certa creatività nell’insulto libero. In questo tempo di magra televisiva, la sua sigla è mancata assai. Sapesse che Report gliel’ha soffiata…
Quelle dolorose, ma ne è valsa la pena
A confronto con un serial killer (Starzplay)
La disamina psicologica di come l’incontro tra un serial killer e le sue vittime sia spesso tutt’altro che casuale. Con una densa sensazione di disagio che man mano si appiccica addosso.
Veleno (Prime Video)
Una descrizione così puntale della piccola provincia italiana, da poter sostituire ogni persona con altre che si è incrociato almeno una volta nella vita. Per questo fa tanta paura.
It’s a Sin (Starzplay)
Come l’epidemia di HIV ha polverizzato l’entusiasmo dell’emancipazione omosessuale nella Londra degli anni Ottanta. Con una ammirabile capacità di piazzare risate nei momenti emotivamente più critici.
Sarah – La ragazza di Avetrana (Sky Documentaries e Now TV)
Il focus non è sul delitto in sé, ma sull’influenza che la macchina mediatica ha avuto sulle reazioni dei presunti colpevoli, sul compiacersi di legali e inquirenti, sulla morbosità degli spettatori. E il dubbio di averla alimentata anche solo un pizzico fa sentire in colpa.
Gomorra 5 (Sky Atlantic HD e Now TV)
Dolorosa per il suo ultimo atto di amore, rivalità, fratellanza, condanna alla non redenzione. Dolorosa per la fine asciutta e silenziosa. Dolorosa perché non tornerà più. Dolorosa per la consapevolezza che, per ora, non ci sia nulla di simile con cui consolarsi.
Quelle buone, ma non perfette. Che poi cos’è la perfezione? Nessuno è perfetto!
Raised by Wolves (Sky Atlantic HD e Now TV)
Ridley Scott ha prodotto e co-diretto una specie di Blade Runner, dove l’estremismo religioso e quello scientifico sono in guerra tra loro. Gli umanoidi ci sono, i veicoli volanti anche. E il suo mondo è sufficientemente ricco da poter reggere per qualche stagione.
Sanpa (Netflix)
La scoperta che gli italiani se la cavano piuttosto bene con il true crime. Anche se l’indugiare pseudo horror su catene e macelli non era proprio necessario. Meglio lasciarlo agli americani.
Friends: The Reunion (Sky Atlantic HD e Now TV)
La dimostrazione che, per le vecchie serie tv, il semplice crogiolarsi nella nostalgia è a volte meglio della smania di dimostrarsi ancora adatte alla tv odierna (capito, Sex and the City?). Non avesse costruito uno show attorno all’intimità degli aneddoti, sarebbe stata perfetta.
Blindspotting (Starzplay)
C’è dell’arte (quella degli autori e attori di Hamilton) nel dare ai pensieri di una trentenne in crisi la forma di monologhi ritmati, canzoni rap, momenti da musical. Ma tant’è, la parte che funziona meglio è fatta degli espedienti della sitcom classica.
Physical (Apple TV Plus)
Un gradevole viaggio nel mercato anni Ottanta dell’aerobica in videocassetta, infestato dai pensieri feroci del disturbo alimentare.
The Chair (Netflix)
Ha mostrato con molta efficacia (e attori eccellenti) quanto sia soffocante vivere in quest’epoca dove, in qualsiasi direzione ci si muova, si urta la suscettibilità di qualcuno. Peccato abbia esitato ad affondare il colpo, non si capisce se per superficialità o paura di urtare la suscettibilità di qualcuno.
La Ruota del Tempo (Prime Video)
La serie fantasy più dignitosa che sia uscita dopo Il Trono di Spade.
Blanca (Rai 1)
Se si supera la banalità dei dialoghi e la sciatteria degli accenti liguri, le prodezze investigative di Blanca – che è cieca e usa tutti gli altri sensi come superpoteri – sono una bella novità per la fiction italiana. Qualcuno si prenda il disturbo di raccogliere le sue causticità in un prontuario per uscire vincenti da qualsiasi discussione.
Divertenti!
Una vita a New York – Fran Lebowitz (Netflix)
Mai ascoltare un flusso di lamentele lungo treoreemezza fu così piacevole. E mai titolo brillante fu tanto appiattito dalla sua traduzione. (È un’iperbole, di titoli appiattiti ce ne sono parecchi.)
Quiz (TIMvision)
Si pregano i signori sceneggiatori di nutrirci con altre storie straordinarie ignorate dai media nel periodo degli attacchi alle Torri Gemelle.
Gentleman Jack (laeffe)
I diari astutamente cifrati di Anne Lister, «prima lesbica moderna», si prestavano bene a un sospirato drammone sentimentale. Rendiamo grazie a Sally Wainwright per scelto la via di una Fleabag ottocentesca che si muove sicura, eccentrica e brusca in un mondo di personaggi dalla lingua sciolta e affilata.
Un colpo fatto ad arte (Netflix)
Qui invece rendiamo grazie all’inventiva dei criminali. Ancora a piede libero, peraltro.
Vincenzo (Netflix)
Quello che succede quando uno sceneggiatore sudcoreano si sceglie come fonte il manuale apocrifo degli stereotipi italiani.
Dr. Death (Starzplay)
Che poi di divertente non c’è niente, nella vera storia di un chirurgo che frantuma spine dorsali, causando danni permanenti ai suoi sventurati pazienti. Ma Joshua Jackson, Alec Baldwin e Christian Slater insieme funzionano a meraviglia.
Quelle che sono piaciute agli altri, ma non a Tellyst
Lupin (Netflix)
Attrattiva letteraria: c’è. Storia didiscalica di discriminazione razziale: c’è. Attore bravo, buono e carismatico: c’è, e salva il risultato.
Domina (Sky Atlantic HD e Now TV)
Piaciuta soprattutto a chi ha accolto Livia Drusilla – astuta manipolatrice e ladra di mariti di donne incinta – come liberatrice del femminismo televisivo italiano.
Loki (Disney Plus)
Programmato già un secondo tentativo (con doppia dose di caffeina annessa).
Quelle che sono piaciute a Tellyst, ma non agli altri
The Nevers (Sky Atlantic HD e Now TV)
Finché si continuerà a valutare film e serie tv con un numero di stellette proporzionale a quello delle denunce via social ricevute dai loro creatori.
Cowboy Bebop (Netflix)
Finché ci sarà l’ottusità di pretendere che un adattamento sia sempre e solo la copia fedele dell’originale.
Quelle che avremmo dovuto recuperare per farcene un’opinione
Ted Lasso (Apple TV Plus)
Tanto Ted Lasso non s’arrabbia.
In Treatment 4 (Sky Atlantic HD e Now TV)
Qui si è ancora rimasti ai tempi dello psicologo uomo, fate voi…
Dexter: New Blood (Sky Atlantic HD e Now TV)
Lacuna non perdonabile.
Quelle detestabili, ma proprio tanto
Your Honor (Sky Atlantic HD e Now TV)
Come si fa ad affossare un punto di vista interessante sulla violenza razziale e un Bryan Cranston in versione Walter White, con una pesantezza che allunga all’infinito la durata percepita degli episodi?
Nove perfetti sconosciuti (Prime Video)
Come si fa a prendere sul serio un thriller dove Nicole Kidman è una guru elfica dall’accento russo, i personaggi si fanno sconvolgere da una terapia d’urto a base di allucinogeni e corsa coi sacchi, e una sola lente a contatto color ghiaccio riesce a rendere irriconoscibile un assassino?
Ridatemi mia moglie (Sky Serie e Now TV)
Come si fa a non scoraggiarsi nel vedere un gruppo di bravi attori italiani costretti a interpretare caricature che ormai non fanno nemmeno più ridere?
Quelle che avremmo visto (o finito di vedere) se non avessimo perso tempo con quelle di prima
The Falcon and the Winter Soldier (Disney Plus)
O se Disney Plus non l’avessa fatta uscire in una settimana molto affollata.
Anna (Sky Atlantic HD e Now TV)
Ma conviene recuperare, consigliano gli americani ormai amanti dei sottotitoli.
The Mosquito Coast (Apple TV Plus)
Il rimpianto dell’anno, mannaggia a The Girlfriend Experience lassù.
Master of None 3 (Netflix)
Ma in ogni caso, senza Aziz Ansari protagonista, ne valeva davvero la pena?
Allen v. Farrow (Sky Documentaries e Now TV)
Ok, qui non è questione di aver perso tempo con altre serie. Bensì lo sconforto di dover assistere a un documentario che documenta solo quel che vuole.
Scene da un matrimonio (Sky Atlantic HD e Now TV)
Però s’è vista l’originale di Ingmar Bergman, vale?
La migliore di tutte
Strappare lungo i bordi (Netflix)
Poi, un giorno, Zerocalcare dovrà illustrare come sia possibile stratificare così tanti elementi e significati in un’ora e mezza di televisione. La sua prima serie tv è la riproduzione animata dei suoi fumetti: un flusso di coscienza che divaga solo in apparenza; un accumulo di piccoli riferimenti che non lascia indietro nessuno; una dolorosa elaborazione collettiva di quel che si è combinato nel proprio percorso di vita, delle cose non dette, delle opportunità non colte, delle sigarette non fumate, delle pizze non mangiate, dei baci non dati, nel faticoso tentativo di restare immobili per non deludersi e non deludere. Gli episodi non sono perfetti, ci sono passaggi soltanto abbozzati. Ma la potenza nel devastare le emozioni, quella è rarissima. Ed è un peccato che proprio i suoi sedicenti estimatori l’abbiano ridotta a oggetto di una sterile discussione sui dialoghi in romanesco, per difenderla da un appunto visibilmente satirico.
La peggiore in assoluto
Vita da Carlo (Prime Video)
Non è davvero la cosa peggiore che si sia vista in tv quest’anno, ma le aspettative hanno avuto il loro peso. Perché Carlo Verdone (o forse più Amazon) ci aveva detto che la sua prima serie tv sarebbe stata una specie di Curb Your Enthusiasm italiana, una raccolta di situazioni assurde da lui realmente vissute di recente. Ma il fatto è che, se Curb Your Enthusiasm funziona da vent’anni, è per la capacità di Larry David di portare la sua misantropia a livelli che si fatica a credere gli appartengano davvero. Verdone invece ha fatto il Verdone che conoscevamo già: puntiglioso, ipocondriaco, routinario, e pure più bonaccione del solito. Gli episodi sono una ripetizione continua di richieste di selfie, equivoci, arrabbiature che proprio quando raggiungono la giusta tensione comica vengono soppresse dalla clemenza del regista. Per ridere davvero degli aneddoti di Verdone, insomma, è assai meglio recuperare qualche sua intervista.
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