‘Il Trono di Spade 8’, il caos non è ancora arrivato
Gli impavidi della maratona matta e disperatissima non se ne abbiano a male, ma il loro sforzo di prepararsi adeguatamente al ritorno del Trono di Spade (magari seguendo questa guida) è stato in parte futile. Specie se la serie l’avevano già seguita con diligenza, specie se l’intento era un semplice rinfrescarsi la memoria. Per l’inizio della gran stagione finale, infatti, il colossal di HBO ha riafferrato tutti i fili narrativi e li ha ripercorsi con indisturbata calma.
Abituati a torturare il telespettatore con mille e uno modi creativi per rivisitare l’adagio del “Al gioco del Trono o si vince o si muore”, i creatori David Benioff e D. B. Weiss hanno battuto stavolta una via inedita di maltrattamento. Il non far accadere quasi nulla di nuovo, ovvero, nell’accogliere chi – dopo 67 ore di complotti, battaglie, incesti, trucidamenti e resurrezioni, e oltre 500 giorni di attesa – si pregustava un avvio impegnativo.
Tutto tranquillo, invece. Fino al punto che il sadismo (o l’angoscia) dello spoiler stranamente non sussiste. Perché gli eventi di questo primo episodio non sono altro che una lineare mescolanza di già visto e già previsto.
Il censimento dei sopravvissuti sfila così a Grande Inverno sotto gli occhi di un bambino appollaiato su di un albero, quello dei caduti scorre a parole, e Cersei si gode in semi-solitudine la sua permanenza ad Approdo del Re, mentre il resto non sconvolge alcun pronostico.
Quel che segue è infatti il tubare di Jon Snow e Daenerys tra sorrisi svenevoli, corse con i draghi e le occhiate decisamente meno languide di Sansa, non molto entusiasta della cognata leggermente despota. Quel che segue è Jon che tenta goffo di ammorbidire l’incagnita Lyanna Mormont e domanda orgoglioso ad Arya se abbia mai usato lo spadino che le aveva regalato (“Una o due volte” risponde lei falsando modestamente il conto). Tyrion, intanto, prova a ingraziarsi quei diffidenti del Nord (l’ultima volta non gli era andata benissimo) e Bran, nell’attesa di “un vecchio amico”, se ne sta piazzato in osservazione strategica a inquietare un po’ tutti, raggelando con mancato spirito la distensione generale.
La puntata è insomma un enorme déjà vu che ricalca l’incipit della serie, ma la svolta è che ora non c’è più tempo da sprecare. Il Trono di Spade questa volta è più corta e deve correre spedita verso la Grande Battaglia, non può più permettersi di posizionare uno a uno i rami da incendiare. Lo si capisce dal dialogo didascalico con cui Sam rivela finalmente a Jon Snow che è molto più del bastardo Jon Snow, nonché dalla rapidità nel ricongiungere chi lassù è sopravvissuto al crollo della Barriera (“Ho sempre avuto gli occhi blu!” grida Tormund ai compagni che indietreggiano credendolo ormai un Estraneo), sorvolando su come caspita ci sia riuscito.
Il che, pur frustrando per l’azione non concessa, è comunque conferma di una scrittura ben funzionante anche quando il compito è fare il punto su una storia lunga quasi un decennio. Con un effetto insolitamente ironico, per giunta. Che a chiunque conosca un poco l’andazzo, suonerà come presagio di tutto il caos che sta per arrivare.