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È davvero il caso di vedere ‘Bridgerton’?

Gli sceneggiatori come Shonda Rhimes hanno uno stile così definito e popolare da suscitare in genere due reazioni: c’è chi non si perde nemmeno una delle loro serie; e c’è chi invece se le perde tutte intenzionalmente. Nel caso di Bridgerton però questi ultimi stanno mostrando un po’ più di curiosità e indecisione, per diverse ragioni. Si tratta della prima serie prodotta da Rhimes per Netflix, innanzitutto. Inoltre racconta una storia molto classica in maniera molto moderna e diversa dal solito. E poi c’è anche il buon tempismo: Bridgerton esce in un momento – il finire di un anno abbastanza terribile – nel quale le storie romantiche, leggere e dai colori pastello sono una pausa di sollievo.

Non è un caso, del resto, che Netflix abbia deciso di fissarne la data di uscita per il 25 dicembre. Ma benché Bridgerton sembri cucita su misura per essere vista durante le feste, prima di capire se sia il caso di iniziarla è bene sapere alcune cose. Ad esempio, non è affatto una serie da vedere con tutta la famiglia.

Bridgerton Netflix recensioni
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Chi è Shonda Rhimes, innanzitutto

Una delle sceneggiatrici e produttrici televisive più importanti e influenti di Hollywood. Negli ultimi 15 anni ha creato e prodotto alcune delle serie più seguite della tv generalista americana. La prima fu il procedurale medico Grey’s Anatomy nel 2005 – che tutt’ora va in onda ed è arrivato alla 17esima stagione; al quale poi seguirono gli spin-off Private Practice e Station 19, il thriller politico Scandal e quello legale Le regole del delitto perfetto, e altre serie un po’ meno fortunate e longeve.

Come Ryan Murphy – altro sceneggiatore popolare e assai prolifico – le serie di Rhimes sono diventate famose per lo stile che le accomuna. Le loro storie hanno quasi sempre protagoniste femminili dalle personalità molto forti e come lei appartenenti a minoranze razziali; inoltre raccontano vicende professionali e personali piuttosto intricate – soprattutto sentimentalmente – e al limite del credibile.

La qualità che in parecchi riconoscono a Rhimes, però, è la capacità di costruire dei mondi narrativi autentici, poiché rispecchianti le dinamiche sociali che viviamo tutti i giorni. Il che, al di là che piacciano o meno, rende le sue serie molto coinvolgenti.

Per dare una misura del suo successo, Rhimes ha sempre lavorato in esclusiva per una delle principali reti generaliste americane, ABC. E in questi anni ha ottenuto una serata intera – quella del giovedì – dedicata soltanto alle serie create dalla sua società produttiva, Shondaland.

Proprio per questo motivo, quando nel 2017 Rhimes firmò un accordo multimilionario con Netflix, la cosa sorprese parecchio. L’accordo prevedeva che Rhimes avrebbe prodotto per il servizio streaming 8 progetti (nel frattempo già diventati 12), con un budget e una libertà creativa assai più ampi di quelli fino a quel momento concessi da ABC. Difficilmente, infatti, una serie costosa ed esplicita come Bridgerton sarebbe potuta andare in onda su una rete generalista che si rivolge a intere famiglie.

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Cos’è Bridgerton

È una serie in costume creata dallo sceneggiatore Chris Van Dusen, da tempo collaboratore di Shonda Rhimes. Non si tratta però di una storia originale, bensì dell’adattamento dei libri scritti da Julia Quinn, un’autrice americana che ha fatto successo scrivendo romanzi romantici storici, ambientati perlopiù in Inghilterra durante gli anni della Reggenza, cioè tra il 1811 e il 1820. Per intenderci, la stessa epoca in cui sono ambientati i romanzi di Jane Austen, come Orgoglio e pregiudizio e Emma.

Ci sono quindi tanti balli (8, per la precisione) e tira e molla sentimentali tra “donne abbastanza caparbie e uomini burberi che fanno l’impossibile per non amarle,” ha scritto Variety.

La particolarità di Bridgerton però è che pur rispecchiando tutte le caratteristiche del genere, i suoi personaggi e le dinamiche sociali del suo mondo narrativo sono molto moderni.

Per dirla alla maniera di Sonia Saraiya, critica televisiva della rivista americana Vanity Fair, “è come se tutte le opere di Austen fossero state gettate in un frullatore con Gossip Girl, dopo aver messo da parte con cura tutta la compostezza di Austen, per usarla in un altro momento”.

Phoebe Dynevor Regé-Jean Page
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Di cosa parla

Siamo nel 1813, nell’alta società londinese, e ci sono due principali linee narrative da seguire: una romantica, l’altra misteriosa.

La prima ha per protagonisti Daphne Bridgerton (Phoebe Dynevor) e il duca Simon Basset (Regé-Jean Page), che sembrano davvero usciti da un libro di Jane Austen. Lei, figlia di una facoltosa famiglia inglese e alla ricerca di un marito, è intelligente, determinata e “dall’aspetto delicato che piace ai pretendenti gelosi e frustra le rivali all’infinito,” ha scritto Variety. Lui, ambitissimo ma con un’avversione per il matrimonio, è scostante e “non a caso possiede un livello incendiario di figaggine,” ha detto IndieWire.

Gli 8 episodi della prima stagione li vedono allearsi per inscenare un finto corteggiamento, con un doppio obiettivo: incentivare a farsi avanti i pretendenti di lei, piuttosto scoraggiati dal fratello iperprotettivo; tranquillizzare la zia di lui, che vorrebbe vederlo a tutti i costi sposato.

Il problema è che tra un dialogo caustico e l’altro ci si mette di mezzo l’attrazione. Oltre – seconda linea narrativa – ai pettegolezzi screditanti di una certa Lady Whistledown, che puntuale pubblica un foglio contenente tutti i segreti dell’alta società. Di lei si conosce solo la voce: quella di Julie Andrews. Ma la sua identità smette di essere misteriosa già negli ultimi episodi della prima stagione.

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Com’è fatta

A livello scenografico, molto bene. Se già locandina e trailer lo anticipavano, le prime recensioni hanno detto che in Bridgerton il cambio di budget si vede eccome. D’altronde, Netflix si era già distinta per la ricostruzione storica diThe Crown, che è anche una delle più costose nella storia della televisione.

Bridgerton è stata girata tra Londra e la città di Bath, nel sud-ovest dell’Inghilterra, con un’attenzione molto minuziosa per i dettagli. Tutto, dai costumi curati da Ellen Mirojnick alle scenografie di Will Hughes-Jones, è stato fatto a mano e su misura per adattarsi alla perfezione alle grandi stanze dove gran parte delle scene è girata.

A queste cose un po’ più classiche Bridgerton ne associa poi altre decisamente più moderne. Come la colonna sonora, fatta di arrangiamenti classici di canzoni pop di Ariana Grande, Shawn Mendes, Billie Elish e Taylor Swift. Ma soprattutto, come la rappresentazione dell’alta società londinese dell’epoca e del sesso.

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I personaggi

La prima cosa che salta all’occhio, e per cui Bridgerton ha fatto parlare di sé ancora prima che uscisse, è la pelle dei suoi protagonisti. La sua visione dell’aristocrazia inglese ha una composizione razziale piuttosto inusuale per una serie tv ambientata agli inizi dell’Ottocento. “Ci sono molti personaggi principali neri, che in un altro adattamento sarebbero stati relegati nel retrocucina,” ha osservato Variety. E in effetti l’assortimento del cast è ossessivamente inclusivo, anche a dispetto del realismo.

Per questa caratteristica il cast è stato definito “race-blind” (cioè scelto senza pregiudizi razziali), con qualche imprecisione però. Gli attori non sono stati scelti infatti senza tenere conto del colore della loro pelle. Anzi, sono stati selezionati con cura per “provare a immaginare la storia e il mondo nella maniera in cui volevamo vederli,” ha spiegato la produttrice esecutiva Betsy Beers.

Regé-Jean Page, protagonista della serie, ha detto quindi che sarebbe più corretto parlare di “color-consciuos casting”. Nella serie i personaggi neri esistono in quanto persone, e perciò non sono incaricati di rappresentare temi particolari, come la schiavitù o la violenza razziale.

Al contrario di quanto avviene in altre serie (quelle di Ryan Murphy sono molto più didascaliche, per dire), in Bridgerton non si fa mai riferimento alla questione razziale. Nella sua Londra ottocentesca i cittadini di qualsiasi etnia possono assicurarsi un posto nell’alta società; i balli sono frequentati da gente di tutti i colori; e l’intera serie ruota attorno a una relazione interrazziale (Daphne Bridgerton è classicamente bianca, mentre il duca Simon Basset è nero). Eppure nulla di tutto ciò viene vissuto come qualcosa di scandaloso. “Il tema razziale – ha detto Entertainment Weekly – esce solo una volta, in una conversazione effimera su come si sia arrivati a questa società utopica.” La quale, peraltro, del tutto utopica non è, se si considera che secondo alcuni storici la regina Charlotte – nella serie interpretata dall’attrice nera Golda Rosheuvel – proveniva da una famiglia portoghese di origine africana.

Tuttavia, secondo Vanity Fair, questo realismo blando non serve a Bridgerton per parlare indirettamente di inclusività. Il fatto che i personaggi non siano confinati per il colore della loro pelle le permette di ampliare ancora di più gli intrighi sentimentali.

Phoebe Dynevor Regé-Jean Page
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Il sesso

L’altra cosa che salta subito all’occhio in Bridgerton è che, a livello di relazioni e sentimenti, si discosta tantissimo dai film e dalle serie romantici che fin qui sono stati ambientati nell’Ottocento. Più o meno tutte le recensioni – anche quelle più critiche – sono piuttosto concordi nel dire che in Bridgerton si ammette per la prima volta che anche a quell’epoca si facesse sesso.

Gli episodi infatti sono abbastanza espliciti (grazie anche alla libertà concessa da Netflix, che non ha certo gli stretti controlli di una rete generalista), e la cosa è stata accolta in maniera positiva.

Secondo Caroline Framke, critica televisiva di Variety, Bridgerton completa il quadro che i racconti di questo genere lasciano quasi sempre incompiuto. E cioè, oltre a piacersi, girarsi attorno e stuzzicarsi per l’intera stagione, i suoi protagonisti ammettono di voler andare a letto insieme.

Non solo: la serie si sofferma parecchio anche sul disequilibrio tra le libertà concesse agli uomini e quelle vietate alle donne. I primi fanno sesso quando e con chi vogliono, anche prima del matrimonio; le seconde restano illibate fino a che non si sposano e passano il tempo a sospirare e infiammarsi per ogni minimo contatto corporeo.

“La mancanza assoluta di una vera educazione sessuale non le tiene solo all’oscuro; ma impedisce anche loro di capire cosa vogliano, di cosa abbiano bisogno e cosa potrebbero avere,” ha detto Framke. E in questo senso la serie racconta anche l’evoluzione della consapevolezza sessuale della sua protagonista Daphne. Il che ne rende le scene di sesso quasi mai gratuite: se ci sono, alimentano la storia.

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I pareri della critica

Sono abbastanza discordanti, e dipendono perlopiù dal fatto che chi scriva sia un estimatore dello stile di Shonda Rhimes o meno. Le sue serie hanno spesso una partenza molto solida e intrigante, ma a un certo punto elaborano intrecci sentimentali così complessi e irreali da stufare gli spettatori più razionali.

Gran parte dei critici, però, è concorde sul fatto che di serie come Bridgerton ci sia molto bisogno in questo periodo. “Questo pasticcino è una serie che sa esattamente cosa potresti volere la lei e ti offre quelle fantasie su un vassoio d’argento con un sorriso elegante (e anche sorprendentemente sexy),” ha detto Framke. E nonostante la parte degli intrecci sentimentali prevalga su quella di mistero, che peraltro è molto prevedibile, Framke ha aggiunto di essersi divertita parecchio.

Il sesso è forse l’elemento sul quale i pareri si sono divisi maggiormente. Ce n’è tanto e un po’ ovunque, ed è abbastanza specifico (si va dai dettagli di fluidi corporei alla masturbazione). “Che sia al chiuso o all’aperto, in biblioteca o su uno scalone, nel retro di un teatro dell’opera o sulle gradinate coperte di teli durante un incontro di boxe, nessun posto è al sicuro dalla vivace attività sessuale dei lussuriosi personaggi di Bridgerton,” ha scritto Entertainment Weekly rendendo molto bene l’idea.

Se qualcuno la vede però come una qualità, per qualche critico dopo alcuni episodi diventa un difetto. “La storia è divertente all’inizio – ha detto Judy Berman di Time – ma a un certo punto i dettagli sessuali dominano la trama, e la spiegazione delle dinamiche di questo mondo alternativo è così vaga e ambigua da creare dei buchi di trama.”

E qui si viene al secondo problema che molti hanno rilevato in Bridgerton: la fatica a gestire la grande quantità dei personaggi presente nei libri. Secondo Ann Donahue di IndieWire, “mentre le scenografie sono immacolate, nella storia ci sono alcuni bozzi” che sono poco comprensibili a chi non ha letto i romanzi di Julia Quinn. La versione letteraria di Bridgerton, infatti, si prende molto più tempo per raccontare ciascun personaggio. In tutto sono 9 libri da circa 200 pagine, ognuno focalizzato su un diverso membro della famiglia Bridgerton e sulla sua storia d’amore. Raccontare e far capire “chi faccia cosa, dove e perché può diventare un pasticcio,” ha spiegato Donahue. Tuttavia bisogna considerare che per ora Bridgerton è soltanto alla prima stagione e quasi sicuramente ne saranno prodotte altre. Perciò dovrebbe avere tutto il tempo di completarsi e sistemarsi.

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Quindi?

Se non siete amanti dello stile un po’ telenovelico di Shonda Rhimes (e quindi se non seguite serie come Grey’s Anatomy o Scandal) forse non vi piacerà nemmeno Bridgerton. A meno che non vogliate prendervi una piccola pausa rosea per scrollarvi di dosso parte della pesantezza di quest’anno; o magari la consideriate un piacere proibito (negli scorsi anni Netflix aveva rilasciato You durante le feste, proprio con questa funzione). Nel caso – cosa molto importante – non lasciatevi ingannare dalla data di uscita natalizia. Bridgerton non è l’ideale da vedere con la vostra famiglia durante le vacanze di Natale: in una serata collettiva sul divano potrebbe creare qualche imbarazzo. Per farla breve, ha avvisato Chris Van Duse, “non è una di quelle serie in costume che guarda vostra nonna”.

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