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Il fiero (e innecessario) ritorno di ‘Big Little Lies’

Così com’era, Big Little Lies era perfetta. Un dramma breve, ironico, isterico, vizioso e patinato soltanto travestito da misterioso thriller. Perché le piccole grandi bugie delle sue inquiete protagoniste erano tanto ben congegnate e carnali, da distrarre la curiosità su chi fosse la vittima e chi l’assassino già sul finire del primo episodio. Cosicché, entro la conclusione definitiva che di lì a poco sarebbe giunta, ci si sarebbe scordati addirittura dell’esistenza stessa di un omicidio. Per il suo cerchio bello tondo e chiuso a meraviglia non era quindi prevista una riapertura. E in fondo, come lunga esperienza di seconde stagioni deludenti insegna, andava benissimo così. Solo che poi – un po’ perché la serialità si è sì accorciata, ma fatica ancora ad accontentarsi della bellezza del capitolo unico, specie se assai fruttuoso – qualcuno ha cambiato idea.

Tanto, a limitare le preoccupazioni, avrebbe provveduto una duplice garanzia. Una di nome fa Liane Moriarty, e del romanzo omonimo da cui tutto ha avuto origine ha accettato di scrivere una novella che tornasse a sbirciare le vite dei suoi personaggi, i quali – se ne è rallegrata Reese Witherspoon – “erano ancora vivi nella sua mente”. L’altra invece è una certa Meryl Streep, e per la fiducia di essersi aggregata al gruppo senza neppure aprire il copione, si è vista ripagare con la libertà di plasmare come meglio credesse il suo nuovo personaggio secondario.

Ma davvero avrebbe potuto, l’attrattiva principale Meryl Streep, limitarsi a personaggio secondario?

No, nient’affatto. Anche non volendolo, sa ridurre sempre tutto quel che la circonda a diversivo in attesa della sua caricatura statuettabile.
Big Little Lies 2 recensione
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E infatti eccola giungere a Monterey, in versione dentona e un po’ meno glamour di quanto il posto richiederebbe. La sua Mary Louise, arrivata per aiutare la nuora Celeste a gestire lutto e bambini, in realtà vuole unire i punti che non le sono chiari sulla ruzzolata mortale del figlio (Alexander Skarsgård). Tensione rigenerata, dunque. E forse pure in maniera più interessante del banale omicidio precedente. Anche perché questa suocera/nonna forestiera, con crocifisso al collo e lingua tagliente, è la nemesi maliziosamente cesellata di tutto il liberalismo che circola a Monterey. Conservatrice e bigotta, asfalta i principi del #MeToo nella convinzione che per ogni uomo stupratore o violento, ci sia una donna tentatrice o provocatrice. I suoi bisticci con Madeline (“Trovo che le persone basse siano inaffidabili”), poi, sono aria freschissima per i nuovi episodi.

Insomma, il suo compito è raddoppiare il carico sulle spalle delle “cinque di Monterey” (le chiamano così, adesso). Come se il fantasma di un morto che tormenta più che da vivo non pesasse già abbastanza. Eppure, tutte riescono in maniera sopraffina a non farsi oscurare dall’aura ingombrante di Mary Louise Streep (sì, il nome coincide davvero). Mentre Bonnie (Zoë Kravitz) è l’unica a crogiolarsi depressa nel senso di colpa di aver dato la spinta letale, Madeline (Reese Witherspoon) e Renata (Laura Dern) hanno anche da fare i conti con la propria ossessiva perfezione, mentre Jane (Shailene Woodley) si apre forse a qualche nuovo sentimento. La Celeste di Nicole Kidman, in piena sindrome del sopravvissuto, concede invece superbe performance catatoniche.

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Che la tensione tutta al femminile finisca per dissolversi ancora una volta in quiete tutta al femminile, è ancora presto per capirlo anche stando al passo con la messa in onda americana (qualche sentore però c’è). Ma certo è che nel mezzo Big Little Liesstavolta diretta da Andrea Arnold, con Jean-Marc Vallée soltanto produttore esecutivo – ha aumentato la sua goduriosa dose di flashback involontari, incubi da post-traumatico da stress, urla (tante), arredi da sogno e mariti soprammobile, onde maestose, maestri terrorizzati, bambini molto cool dalle playlist ancora più cool. Il tessuto psicologico è invece sempre lo stesso, finemente lavorato e umanamente impacciato quando si tratta di affrontare dialoghi complessi (come spieghi a tuo figlio che è il frutto di una violenza?).

Big Little Lies è tornata più morbosa, disperata, indiscreta e telenovela di prima.

Ce n’era bisogno? Certo che no.

Vale la pena riabbracciarla? Indiscutibilmente sì.

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